Accanimento Terapeutico -La medicina e le malattie inguaribili
Una delle cause di tensione, provocata soprattutto dal progresso tecnologico della medicina, è data dalla possibilità di prolungare nel tempo la durata di malattie irreversibili, destinate comunque a concludersi con la morte del malato, spesso con grande dolore e con grave impegno in termini di assistenza per i familiari e per il personale. Il prolungamento del processo del morire non sempre e non immediatamente appare vantaggioso per la persona malata, anzi, alcune volte può sembrare un vero e proprio inutile prolungamento della sofferenza ed è in riferimento a questa situazione che viene utilizzato il termine “accanimento terapeutico”. Se il rifiuto dell’accanimento terapeutico è ormai unanimemente accettato e condiviso, non è così facile trovare l’accordo su ciò che lo definisce e non è affatto raro rilevare, a fronte di specifiche situazioni, posizioni diametralmente opposte. Il caso italiano relativo al signor Piergiorgio Welby ha di fatto generato due correnti opposte di pensiero. Alcuni hanno sostenuto che continuare la respirazione artificiale a fronte di un’esplicito rifiuto da parte del paziente configurasse accanimento mentre altri, al contrario, hanno interpretato l’azione di distacco del respiratore come vera e propria eutanasia.
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