Omeopatia
La visita omeopatica
A caccia dei sintomi: l’arte dell’interrogatorio
La valorizzazione del modo personale di sentire la malattia, considerato unico per ogni paziente, obbliga l’omeopata a cimentarsi in quella che gli esperti del settore definiscono l’arte dell’interrogatorio, e in effetti questa pratica comporta una precisa metodica e una profonda conoscenza della materia. Molti grandi omeopati hanno fornito indicazioni in merito, cercando di sistematizzare l’approccio al malato, ma tutti concordano nell’affermare che l’interrogatorio debba essere oggettivo, preciso e metodico: la prima qualità del medico deve essere quella di saper ascoltare e osservare, lo scopo ultimo quello di formulare una diagnosi e una prognosi e proporre come traguardo una terapia che possa avere successo. Il medico deve cercare di raccogliere tutti i sintomi che soggettivamente il malato gli rivela o che oggettivamente può notare: durante il colloquio, per esempio, è fondamentale saper osservare il paziente, raccogliendo ogni dato in merito al suo aspetto fisico, le sue reazioni, la sua gestualità, il suo modo di presentarsi. Non devono essere mai poste domande dirette, che potrebbero influenzare la risposta del paziente, ma occorre permettere un racconto spontaneo e libero, per quanto indirizzato secondo una logica precisa e limitando le digressioni inutili, i luoghi comuni e i dettagli superflui. La massa, talvolta, informe di dati che giungono dal paziente deve essere opportunamente riordinata, i sintomi importanti adeguatamente compresi e valorizzati: ciò avviene attraverso la cosiddetta gerarchizzazione, un metodo che consiste nel classificare i sintomi seguendo un preciso ordine d’importanza. Durante una visita omeopatica metodica, precisa e obiettiva, le domande possono essere poste anche in una sequenza non corrispondente a quella della gerarchizzazione; tuttavia la gerarchia deve essere la traccia utile affinché nessun sintomo vada trascurato. Ciascun sintomo, quando particolarmente intenso, netto e marcato, va valorizzato come sintomo guida: con questa espressione si indicano anche tutti i sintomi rari, caratteristici, curiosi o particolari che facilitano la scelta del medicinale, al di là della gerarchia, e che spesso risultano talmente bizzarri (per esempio la sensazione di un avere un animale nell’addome) o paradossali (un dolore bruciante migliorato dal calore) da diventare, quando associati agli altri sintomi, una sorta di chiave (key note) per arrivare alla prescrizione.
Nella tabella che segue viene riassunto un esempio di sequenza d’interrogatorio proposto dal grande omeopata Pierre Schmidt; gli argomenti più intimi e imbarazzanti sono qui lasciati alla fine, per evidenti ragioni psicologiche. Le domande preliminari, nella fase di approccio, inducono il paziente a presentarsi e a chiarire le ragioni che l’hanno condotto alla visita. Secondo molti omeopati gli ultimi sintomi apparsi, o sintomi attuali, sono i più importanti nella gerarchia. Tali sintomi possono essere di tipo locale, generale o mentale, a dimostrazione che la gerarchia (come tutte le classificazioni rigide) presenta dei limiti: molte volte il sintomo attuale è limitato a un organo o a un apparato, e in questi casi l’omeopata deve riuscire comunque a collegarlo alle sensazioni del paziente e alle cosiddette modalità di accompagnamento (per esempio un dolore gastrico che compare dopo i pasti e migliora con il riposo e la forte pressione); i sintomi eziologici, raccolti in questa prima fase dell’interrogatorio, corrispondono alla causa della malattia.
Il caso acuto può avere un’eziologia da subito evidente: trauma fisico o psichico, cause meteorologiche (colpo di freddo, umidità, colpo di calore), alimentari (intossicazioni, abusi) o mentali (stress acuto, shock emotivo), virosi epidemiche, infezioni batteriche e altro ancora. La malattia cronica richiede maggiore attenzione agli antecedenti (storia della famiglia), alla storia della malattia e alla sua evoluzione nel tempo, alle terapie intraprese e al modo di vivere la malattia stessa nel tempo e nello spazio (famiglia, amici, socialità).
I sintomi generali esprimono la reattività dell’individuo all’ambiente, e comprendono le sensazioni generali, quali fame, sete, sudorazione, sensibilità al contatto, ai rumori, al dolore, caratteristiche delle secrezioni o escrezioni (consistenza, odore, colore), le tendenze a congestione o infiammazione, al dimagramento o all’aumento di peso, il ritmo dei sintomi (periodici, variabili, contemporanei o susseguenti l’uno all’altro), l’adattamento termico (calorosità, freddolosità), la reattività generale (astenia, tonicità). I sintomi mentali sono espressione della personalità e della complessità del malato, del suo modo d’essere e di percepire la malattia.
Secondo alcune scuole di pensiero omeopatico, tali sintomi sarebbero addirittura prevalenti rispetto a quelli causali, come sostengono anche la medicina psicosomatica e la più recente PNEI (psico-neuro-endocrino-immunologia). Riguardano l’intelligenza (creatività, concentrazione, facilità o difficoltà a comprendere, illusioni, ossessioni), la memoria (scarsa o adeguata, per fatti recenti o remoti), la volontà e l’affettività (ansia, emozioni, paura della morte, socialità, amori, passioni, umore allegro o triste, stabile o variabile, collera, desiderio o avversione alla consolazione, suscettibilità). Il paziente dovrebbe fornire una sorta di “autoritratto” esauriente e peculiare del proprio carattere; l’omeopata può eventualmente ascoltare anche le opinioni espresse a riguardo dai familiari presenti durante la visita (al contrario di quanto accade nel corso del colloquio presso uno psicologo).
L’osservazione dell’atteggiamento del paziente durante la visita può fornire spunti interessanti: possono infatti manifestarsi al medico molte caratteristiche del soggetto indescrivibili a parole, quali timidezza, riservatezza, vivacità, lentezza, suscettibilità, alterigia, fierezza, imbarazzo, loquacità, eccitazione, esaltazione, trasalimenti, impazienza, precisione o imprecisione nelle risposte, diffidenza, agitazione, risa anormali o pianto, sospiri, disturbi della memoria. I desideri e le avversioni alimentari non riguardano soltanto l’intolleranza verso certi alimenti o talune bevande, ma anche la preferenza o l’avversione verso alcune categorie di cibi (dolci, salati, grassi, acidi, speziati), di bevande (calde, fredde, amare, dolci, acide); comprendono anche le caratteristiche della sete e dell’appetito e i modi di alimentarsi. Il sonno va indagato nella sua qualità, durata, e nelle sue caratteristiche generali. Anche i sogni vanno analizzati, chiarendo se sono ricorrenti, particolari, sereni o angoscianti. Per sintomi sessuali si intendono, infine, sia il comportamento sessuale in generale (attitudine o avversione, eccessi, disturbi e devianze) sia, nella donna, ciclo mestruale, gravidanze e menopausa.
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