Disciplina che si occupa dei vari fattori associati alla comparsa di una malattia, e che studia dunque la sua frequenza, distribuzione ed evoluzione, valutando i mezzi necessari alla prevenzione. Per realizzare uno studio epidemiologico, si seleziona un gruppo all’interno di una data popolazione e si definiscono origine etnica, sesso, età, professione, classe sociale e situazione familiare di ciascun membro.
Ogni studio mira a determinare l’incidenza di una data patologia (numero di nuovi casi per settimana, mese, anno), la sua prevalenza (numero di soggetti colpiti) e le eventuali relazioni che sussistono tra un criterio (età, professione ecc) e una malattia. Le osservazioni si ripetono a intervalli regolari, per rilevare eventuali cambiamenti, e i risultati permettono di stilare statistiche.
L’epidemiologia comparativa studia due gruppi di individui, uno solo dei quali presenta una caratteristica suscettibile di intervenire nella malattia studiata (per esempio, per un’indagine sul cancro del polmone, uno dei due gruppi può essere quello dei fumatori); per il resto i due gruppi devono essere accomunati dalle stesse caratteristiche (età, sesso, ambiente socioprofessionale). Questo metodo permette di determinare l’incidenza del fattore prescelto (il fatto di fumare) sulla comparsa della malattia. Le relazioni messe in evidenza dall’epidemiologia comparativa non rivelano però uno stretto legame di causa-effetto tra le caratteristiche considerate: per esempio, la prevalenza delle cardiopatie nei possessori di un’automobile non implica che avere un’autovettura provochi disturbi di cuore, ma che, poiché il fatto di avere un’auto può essere il segno di uno stile di vita piuttosto sedentario, la mancanza di attività fisica aumenta il rischio di sviluppare una patologia cardiaca.