Psicosi -Cenni storici
Il motivo per cui anche tra psichiatri spesso non ci si intende quando si parla di psicosi trae le sue origini dalla psicopatologia ottocentesca: già allora esistevano varie scuole di pensiero (per esempio quella francese o quella tedesca) e ancora oggi far riferimento a scuole di pensiero diverse potrebbe portare a errori diagnostici, in quanto magari si pensa di riferirsi a una sola malattia mentale, mentre in realtà si sta parlando di malattie diverse.
Per porre rimedio alla possibilità di fraintendimenti, ci si basa oggi su veri e propri manuali di classificazione delle malattie mentali che impiegano un linguaggio chiaro e condivisibile tra i vari operatori della salute mentale, in modo da chiarire buona parte delle differenze tra le varie patologie.
Fu Benedict Morel, psichiatra francese del XIX secolo, che descrisse un particolare tipo di psicosi che conduce a deterioramento cognitivo e che utilizzò il termine demenza precoce per indicare quel disturbo che oggi definiremmo schizofrenia. Morel aveva individuato pazienti che sviluppavano quel disturbo nell’adolescenza e tendevano a deteriorare precocemente sul piano cognitivo. Quell’accezione di demenza precoce, un tempo impiegata, non va però confusa con la demenza vera e propria (per esempio di origine circolatoria o degenerativa), che ha caratteristiche completamente diverse e il cui sintomo cardine è la perdita di memoria, a differenza della schizofrenia, nella quale, come di seguito verrà chiarito, esistono sintomi diversi.
Lo psicopatologo Emil Kraepelin, vissuto tra il XIX e il XX secolo e contemporaneo di Freud, aveva distinto nettamente la dementia praecox, cioè la schizofrenia, da un’altra forma di psicosi, che definì paranoia, e dalla psicosi maniaco-depressiva, attualmente classificata come un disturbo dell’umore; il termine demenza precoce venne poi definitivamente sostituito dal termine schizofrenia da Eugen Bleuler, contemporaneo di Kraepelin.
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