Fumo di tabacco e salute -Esposizione al fumo di tabacco
Il fumo di tabacco ha una composizione molto simile a tutti gli altri prodotti della combustione, siano essi carburanti per motori, gasolio per riscaldamento o legna per stufe e caminetti. Il processo di combustione dei materiali carboniosi porta alla disgregazione delle molecole in frammenti piccolissimi che si ricompongono in tempi molto brevi (stimati attorno ai millisecondi). In questo processo di riaggregazione della materia si formano circa 4000 sostanze diverse, di cui molte sono dotate di attività cancerogena, ossidante e irritante.
Nel fumo di tabacco, come in tutti gli altri fumi, si distinguono una parte gassosa (vapore acqueo, ossidi di azoto e di zolfo, composti organici volatili come benzene e diossine) e una corpuscolata, detta Particulate Matter (PM); quest’ultima è composta da un aerosol di polveri finissime, che rimangono sospese a lungo nell’aria perché dotate di un tempo di sedimentazione molto lento e, proprio per questo, rappresentano un elemento di particolare preoccupazione per la salute della popolazione. Il PM2.5 (con dimensioni inferiori ai 2,5 micrometri) è pericoloso perché sulla superficie delle particelle di polvere si depositano sostanze cancerogene e ossidanti che possono essere inalate e, quindi, possono raggiungere le parti più periferiche dei polmoni, depositandovisi e rimanendovi per periodi molto lunghi.
In questo modo i bronchi e i polmoni subiscono l’impatto più importante del PM, e ciò spiega le conseguenze del fumo (ma anche quelle dell’inquinamento atmosferico) sull’apparato respiratorio, in termini di rischio aumentato di bronchite cronica, enfisema, tumore del polmone. Esiste però anche un rischio cardiovascolare connesso al PM2.5, in quanto le sostanze tossiche che si depositano nel polmone diffondono nel sangue e vanno a colpire il sistema circolatorio, comportando lesioni soprattutto a livello endoteliale, responsabili delle arteriopatie a loro volta alla base di patologie come l’infarto miocardico e l’ictus cerebri. Va sottolineato che recentemente è stato dimostrato come le polveri ultrafini, caratterizzate da diametri inferiori a 0,1 micrometri, si comportano come gas, riuscendo a oltrepassare la barriera alveolare e trasferendosi direttamente nel sangue.
L’assorbimento dei prodotti del fumo da parte dell’organismo è dimostrato dalla presenza nelle urine dei fumatori di elevate quantità di cancerogeni come nitrosamine e benzopirene. Un altro marker del fumo di sigaretta (una sostanza, cioè, usata come indicatore dell’esposizione o dell’assunzione di tabacco) è il monossido di carbonio, che ha un’emivita di circa 5 ore e si può misurare facilmente nel respiro esalato: una concentrazione pari o superiore a 10 ppm (parti per milione) di monossido individua, per definizione internazionale, un fumatore abituale. Anche la nicotina, naturalmente, è un marcatore del fumo di tabacco, e nei fumatori è presente nel sangue in elevate concentrazioni, mentre nelle urine e nella saliva si riscontra il suo metabolita, la cotinina.
Va notato come lo studio dei marcatori di esposizione abbia permesso di verificare la reale efficacia dei cosiddetti PREP (Potential Reduced Exposure Products), ovvero i prodotti del tabacco potenzialmente meno pericolosi come le famose sigarette light: si è osservato allora che i fumatori di sigarette che nominalmente avrebbero dovuto produrre concentrazioni di catrame e di monossido di carbonio inferiori a quelle standard, in realtà avevano livelli di cancerogeni nelle urine e di monossido di carbonio nel sangue addirittura più elevati rispetto a quelli rilevati nei fumatori di sigarette standard.
Cerca in Medicina A-Z