Sindrome daDistress respiratorio acuto
Forma particolare di insufficienza respiratoria acuta i cui tratti distintivi sono la gravità e la rapidità dell’insorgenza a carico di polmoni sani.
Cause
Nell’adulto la sindrome da distress respiratorio acuto può essere causata da un’aggressione diretta (infezione polmonare, inalazione di gas tossici o di liquidi, contusione polmonare) o indiretta (traumi gravi, stati infettivi severi, shock infettivo, trasfusioni massicce ecc.); nel neonato è dovuta invece a una carenza di surfattante (liquido che riveste la superficie interna degli alveoli polmonari), e rappresenta la prima causa di decesso nei prematuri. Il meccanismo che provoca l’insorgenza delle lesioni polmonari non è ancora stato chiarito, ma rientra nel quadro di una reazione infiammatoria complessa che coinvolge numerosi fattori cellulari e sanguigni.
Sintomi e segni
La sindrome da distress respiratorio acuto dà luogo a un edema polmonare da lesione, caratterizzato da opacità radiologiche polmonari bilaterali e diffuse associate a una notevole diminuzione della concentrazione d’ossigeno nel sangue (ipossia severa); tale edema va distinto da quello cardiogeno, rivelatore di un’insufficienza cardiaca sinistra. I segni di insufficienza respiratoria acuta (respiro accelerato e difficoltoso) sono spesso strettamente connessi a quelli della malattia in causa.
Trattamento e prognosi
Il trattamento della sindrome da distress respiratorio acuto, consiste nella cura della malattia sottostante e nell’adozione della ventilazione artificiale, in attesa che i polmoni recuperino la loro funzionalità. La prognosi dipende in larga misura dall’origine della sindrome, dal terreno sul quale si è sviluppata, dalle carenze viscerali associate e dalla gravità dopo un’evoluzione di qualche giorno. Il rischio maggiore è correlato all’insorgenza, mentre le lesioni iniziali e l’edema regrediscono, di una fibrosi polmonare cicatriziale talvolta incurabile, che perpetua un certo grado di insufficienza respiratoria. Il tasso di sopravvivenza dipende dalla malattia in causa e dal terreno costituzionale e scende dal 60 al 20% nel soggetto immunodepresso.
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