Omeopatia
Omeopatia
L’omeopatia in Italia
La diffusione dell’omeopatia in Italia avvenne per opera delle truppe austriache, chiamate nel 1821 dal re Ferdinando I per sedare i disordini e le sommosse in corso nel Regno di Napoli: molti medici militari dell’armata austriaca che presidiava l’Italia settentrionale, infatti, praticavano ufficialmente l’omeopatia, e Carlo Filippo, principe di Schwarzenberg e feldmaresciallo austriaco, era stato paziente di Hahnemann.
Un importante fattore di diffusione del nuovo metodo terapeutico fu l’apertura di un centro ospedaliero specializzato (in cui si offrivano consulti e medicamenti gratuiti) a Napoli per opera del dottor Necker di Melnik, medico militare tedesco: attorno alla sua figura si radunò un gruppo di medici di cui facevano parte Francesco Romani, che divenne il più stretto collaboratore del medico tedesco e tradusse le opere di Hahnemann in italiano, e Cosmo De Horatiis, medico personale del re Francesco I e fondatore della clinica omeopatica dell’Ospedale Militare della Trinità.
La fortuna dell’omeopatia fu determinata anche da un evento eccezionale: la guarigione del maresciallo Radezky. Il maresciallo, affetto da tempo da un tumore all’occhio destro, si era rivolto ai migliori specialisti dell’epoca ottenendo una prognosi infausta, ma una volta entrato in cura dal dottor Hartung, omeopata, guarì completamente in sei settimane: questa guarigione miracolosa valse al dottore la notorietà e il conio, nel 1843, di una medaglia d’oro in suo onore.
Grazie anche ai diversi fattori sopra elencati, l’omeopatia conobbe tra il 1830 e il 1860 una grande fortuna in Italia e si diffuse in Campania, Piemonte, Lombardia, Lazio, Sicilia e Umbria: nel 1834 si contavano in Italia ben 500 medici omeopati, di cui 300 solo in Sicilia. In questa regione l’omeopatia venne esercitata per la prima volta dal dottor Tranchina, che l’aveva appresa a Napoli nel 1829, e si diffuse molto rapidamente per la presenza dei medici giunti al seguito delle truppe austriache: questi si distinsero, tra l’altro, per il servizio prestato durante un’epidemia di dissenteria a Mondanice e una di colera a Palermo. La fortuna dell’omeopatia in Sicilia fu tale che nel 1862 venne istituita a Montedoro una condotta omeopatica.
Per le sue caratteristiche non invasive, l’omeopatia incontrò, sin dalla sua comparsa in Italia, il favore del Vaticano e dei movimenti cattolici, e molti pontefici (tra i quali Gregorio XVI, Leone XII, Leone XIII, Pio VIII, Pio IX e Pio XII) vi si rivolsero con successo dopo aver inutilmente tentato le cure tradizionali: nel 1841, dopo essersi accuratamente documentato sul nuovo metodo terapeutico, Gregorio XVI autorizzò il medico omeopata Wahle, di Lipsia, all’esercizio dell’omeopatia nello Stato Pontificio; l’anno successivo concesse a lui e ai suoi colleghi il diritto di distribuire gratuitamente rimedi ai malati e successivamente, con una bolla papale, diede agli ecclesiastici l’autorizzazione a somministrare i rimedi omeopatici in casi urgenti, in assenza del medico, in tutte le località sprovviste di medicinali. Molti medici omeopati, italiani e stranieri, furono premiati con onorificenze dai pontefici: tra questi Settimio Centamori, Ettore Mengozzi e Francesco Talianini, il medico cui si deve l’introduzione dell’omeopatia nello Stato Pontificio e uno dei primi omeopati italiani. L’attività professionale di Talianini fu coronata da celebri guarigioni, quali quella di Leone XIII e della marchesa Vittoria Mosca di Pesaro, e riconosciuta dal Vaticano con il conferimento di una medaglia d’oro.
La seconda metà dell’Ottocento segna l’inizio, per l’omeopatia, di una fase di declino che si protrarrà per molti decenni. Questo fenomeno dipende certo dall’affermarsi dei nuovi ideali del materialismo e dal contesto storico-culturale in cui matura l’unità d’Italia: in questo senso la disciplina hahnemanniana risulterà troppo legata al Vaticano e ai movimenti cattolici popolari. Il nuovo clima culturale, infatti, è segnato dall’ostilità verso la Chiesa e le gerarchie ecclesiastiche, e l’omeopatia paga il prezzo dello schieramento. Contribuiscono al declino della pratica hahnemanniana in Italia anche i progressi della medicina allopatica, con le scoperte di Koch e Pasteur e la nascita della microbiologia: l’individuazione e quindi l’introduzione di una causa delle malattie esterna all’uomo, l’agente microbico, rivoluziona infatti il concetto di cura, che secondo la nuova concezione può avvenire solo rimuovendo l’agente responsabile della malattia attraverso l’opposizione e il contrasto. L’omeopatia tornerà in auge in Italia nel Novecento.