Trombofilia -Trombofilie acquisite
Il 33% dei pazienti che sviluppa tromboembolia nervosa (TEV) ha un fattore di rischio acquisito: tra questi, assume particolare rilevanza l’obesità in quanto favorisce la trombofilia sia per azione diretta (mediante l’accentuata aggregazione piastrinica e l’ipercoagulabilità) sia a seguito di fattori predisponenti (minore attività fisica, ridotta motilità in seguito ad alterazioni degenerative delle ginocchia o all’abitudine di stazionare per lunghi periodi a letto o in poltrona, insufficienza respiratoria frequente, e all’origine di policitemia, disfunzione endoteliale e ridotta velocità di flusso).
Nelle donne, per esempio, il rischio di sviluppare la patologia raddoppia se il valore dell’indice di massa corporea (BMI) è superiore a 30, con un ulteriore aumento proporzionale al numero di sigarette fumate. Inoltre, nelle donne obese, una terapia ormonale può fare aumentare il rischio di 10 volte. L’obesità grave è un fattore di esclusione dalle grandi rilevazioni statistiche: nei soggetti che ne sono affetti, quindi, la reale incidenza della tromboembolia venosa non è nota, non vi sono dati sufficienti sull’efficacia dei diversi protocolli di profilassi e non sono disponibili linee guida ma solo suggerimenti.
La situazione non cambia se si prendono in esame donne in sovrappeso (indice di BMI da 25 a 30 o superiore a 30) che avevano manifestato una TVP mentre erano in trattamento ormonale sostitutivo (HRT): le trombosi erano più frequenti nelle donne in HRT e inoltre in modo direttamente proporzionale al BMI.
Nel paziente obeso andrebbe quindi considerata, sia nella chirurgia sia in caso di degenze a letto, una profilassi basata sull’impiego combinato di mezzi fisici (calze elastiche graduate, compressione pneumatica intermittente) e di eparine a basso peso molecolare (EEBPM), queste ultime a dosaggio (non esistono linee guida in proposito) prudenzialmente superiore di circa il 25% rispetto a quello previsto per il normopeso.
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