Rivascolarizzazione
Intervento chirurgico volto a ristabilire la circolazione sanguigna in un organo o una parte del corpo in cui l’afflusso ematico è stato interrotto, del tutto (ischemia) o in parte. Per ristabilire la circolazione, arteriosa o venosa, si può procedere, a seconda dei casi, a disostruzione del vaso (estrazione di un trombo o un ateroma) e a bypass (aggiramento del tratto ostruito ottenuto inserendo una protesi vascolare o trapiantando un segmento vascolare, prelevato dal paziente stesso o da un altro soggetto).
La rivascolarizzazione si rende necessaria in molte circostanze:
- arresti circolatori acuti e improvvisi (ischemia acuta); in tal caso la procedura va messa in atto al più tardi 6-8 ore dopo l’interruzione della circolazione: per un ritardo superiore la regione isolata sprigiona le sostanze tossiche accumulatesi, che possono in particolare causare anuria (arresto della produzione di urina nei reni);
- deficit circolatori cronici (ischemia cronica), come quelli dovuti ad arterite, in particolare a carico degli arti inferiori;
- trapianti d’organo o di tessuto, per i quali è necessaria una rivascolarizzazione arteriosa e venosa, dopo un tempo detto “conservativo” (o di preservazione dall’ischemia) variabile da un caso all’altro.
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