Radiopelvimetria
Metodo radiologico che permette di misurare il bacino della donna in gravidanza.
Indicazioni
La radiopelvimetria è indicata quando sussiste qualche dubbio circa le dimensioni della pelvi, che deve essere abbastanza ampia da permettere il passaggio del bambino, o quando si sospetta un problema osseo (anomalia del rachide, lussazione dell’anca, frattura pregressa del bacino).
Viene praticata anche in caso di presentazione podalica del feto o nelle donne che hanno già subito un parto cesareo. La radiopelvimetria consente di determinare se il parto potrà avvenire senza rischi per via naturale o se sarà necessario ricorrere al taglio cesareo.
Tecnica e svolgimento
Questo esame, che impiega i raggi X, viene praticato sia nel quadro della radiologia convenzionale, sia con l’ausilio della TC a raggi X. Nel primo caso, viene eseguito il più tardi possibile, durante l’ottavo-nono mese di gestazione, senza preparazione, a vescica vuota. Dura circa 10 minuti. Per evitare un’eccessiva irradiazione del feto, il radiologo realizza soltanto tre radiografie: una con la donna in posizione semiseduta, una in piedi di profilo, la terza in posizione distesa, localizzata sulle spine ischiatiche, su cui si cerca il più possibile di concentrare il fascio di raggi X.
Nella TC la paziente è supina, con le braccia dietro la testa. Si realizzano in genere due radiografie con tecnica digitale (di fronte e di profilo), seguite da una o due sul piano assiale.
Le misurazioni effettive si effettuano direttamente sullo schermo di controllo. Le dimensioni del bacino della donna vengono confrontate con quelle del feto, precedentemente determinate mediante ecografia.
Si tratta di un esame assolutamente indolore, durante il quale soltanto i cambiamenti di posizione necessari possono, eventualmente, risultare gravosi per la paziente in stato di gravidanza avanzata.
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