Emorragie gastrointestinali -Diagnosi
Le tecniche diagnostiche più immediate per localizzare l’origine di un sanguinamento gastrointestinale sono quelle endoscopiche. Con l’esofagogastroduodenoscopia (normalmente detta gastroscopia) è possibile esplorare l’esofago, lo stomaco e la prima parte del duodeno; si possono quindi evidenziare infiammazioni dell’esofago (esofagiti), erosioni, ulcere, varici e così via.
Con la colonscopia si può valutare invece il grosso intestino e quindi evidenziare la sede di un sanguinamento legato a polipi benigni o maligni, diverticoli, infiammazioni.
È importante sottolineare, tuttavia, che poiché la maggior parte delle emorragie gravi del tratto gastrointestinale è di tipo “alto”, la gastroscopia costituisce per questi pazienti un esame da eseguire in prima istanza e qualche volta anche in urgenza, anche perché sono disponibili specifici strumenti di endoscopia, quelli compresi nella cosiddetta endoscopia interventistica, che consentono di bloccare in maniera molto efficace un eventuale sanguinamento in atto.
Le emorragie “basse”, invece, sono spesso autolimitanti (tendono cioè ad arrestarsi da sole) o di minore entità e quindi la colonscopia viene effettuata in urgenza solo in casi molto particolari, anche perché si rivela molto più utile se viene eseguita dopo un’adeguata preparazione dell’intestino stesso, operazione che richiede tempo (ci vogliono alcune ore e abbondanti dosi di purganti per “ripulire” adeguatamente l’intestino) e non può essere effettuata in sede di pronto soccorso.
Tramite queste due metodiche si possono quindi esaminare le principali possibili sedi di emorragia gastrointestinale, ovvero l’esofago, lo stomaco, il duodeno e il grosso intestino. In questi ultimi anni, inoltre, grazie all’introduzione in uso della videocapsula endoscopica, è possibile valutare anche il piccolo intestino, che costituisce una sede piuttosto rara di emorragie, ma che sinora poteva essere esplorato solo con metodiche molto meno precise e più invasive.
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