COUNSELLING -Il counselling come metodo
Il counselling può essere definito come un particolare processo di comunicazione utilizzato da un operatore, che abbia effettuato una formazione specifica in counselling, nei confronti di un cliente che si trova in una situazione di bisogno. Esso è essenzialmente un metodo o uno strumento che ogni operatore coinvolto in una relazione di aiuto (medico, psicologo, insegnante e così via) dovrebbe conoscere e può utilizzare in aggiunta alle proprie competenze specifiche. Gli autori anglosassoni parlano in generale di counselling skills (abilità di counselling), cioè di tutte quelle particolari tecniche e strategie utili a migliorare le proprie capacità di comunicazione e quindi a mantenere un’adeguata relazione (rapporto di fiducia) con il cliente. Dal punto di vista del tipo di approccio, classicamente si possono distinguere due tipi di counselling, cioè quelli descritti di seguito.
- Nel counselling direttivo il punto focale del colloquio è il problema oggettivo del cliente (si parla anche di counselling centrato sul problema). La “direzione” del processo è interamente nelle mani dell’operatore. In questo tipo di approccio il cliente è quasi totalmente passivo e quindi dipende dalle scelte dell’operatore. Il cliente interviene semplicemente decidendo se impegnarsi e quanto impegnarsi in tale processo. Un esempio classico di questo tipo di approccio è rappresentato dal tradizionale colloquio medico-paziente (soprattutto in ambito specialistico), in cui è il medico che, attraverso un colloquio organizzato su domande ben precise, inizia a formulare un’ipotesi diagnostica per giungere poi a una diagnosi di malattia e a prescrivere e somministrare una terapia.
- Nel counselling non direttivo, invece, il punto focale si sposta sulla persona piuttosto che sul problema oggettivo (si parla anche di counselling centrato sulla persona). Si tratta di un modello sviluppato negli anni settanta del Novecento da Carl Rogers, secondo il quale le soluzioni ai problemi del cliente sono già insite nel cliente stesso. L’obiettivo principale del counselling, quindi, è quello di aiutare il cliente a eliminare gli ostacoli che gli impediscono di vedere tali soluzioni e ad attuare le strategie che il soggetto ritiene più convenienti e realizzabili nel suo contesto specifico, che è diverso da quello di qualunque altra persona. L’operatore non “somministra” soluzioni esterne ai problemi del cliente, ma cerca di aiutarlo a comprendere la sua situazione e a gestire il suo problema o la sua difficoltà, partendo dal suo punto di vista soggettivo. Il cliente svolge quindi un ruolo più attivo e viene aiutato ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte.
Nel corso degli anni, tuttavia, il counselling ha subìto diversi tipi di influenze: filosofiche, psicologiche, antropologiche, pedagogiche e così via. Di conseguenza, attualmente si possono osservare tanti tipi di counselling quante sono le scuole di pensiero.
Al di là delle diversità specifiche dei singoli orientamenti teorici, ciò che conta è che alla base del counselling vi deve essere la capacità di mantenere la relazione terapeutica con il cliente. Ciò è possibile solo se si mettono in pratica alcune abilità comunicative fondamentali, che possono essere riassunte in tre grandi gruppi: atteggiamenti da assumere, atteggiamenti da evitare, tecniche specifiche di comunicazione.
Mentre i primi due gruppi contengono atteggiamenti generali, raccomandabili per ogni tipo di relazione che voglia essere soddisfacente e duratura (per esempio il rapporto di coppia), il terzo gruppo comprende vere e proprie tecniche, di pertinenza più “professionale” e che possono essere affinate attraverso la formazione, l’esercizio e l’esperienza.
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