Bioetica -Che differenza c’è tra bioeticae deontologia?
Molte persone, anche professionisti, spesso confondono i due termini; si rende quindi opportuno chiarire il significato della parola deontologia. Coniato da Benthan nel 1834 per proporre una filosofia morale che derivasse unicamente dalla “convenienza” (dal greco antico déon), oggi il termine ha tutt’altro significato e denota un insieme di “regole” che indicano come è corretto comportarsi. Il più delle volte questo sostantivo è seguito dall’aggettivo “professionale” e viene infatti riferito a una determinata categoria di professionisti (per esempio medici, avvocati o ingegneri). In altri termini, il codice deontologico dei medici non è un insieme di precetti elaborati a partire dall’etica ma una serie di raccomandazioni, vincolanti per ciascun medico (pena la censura o l’espulsione dalla categoria, con divieto di esercitare), che la categoria stessa ha ritenuto di promulgare per meglio svolgere la professione e conseguire i suoi scopi. Ciò è tanto vero se si pensa che le “regole”, nel nostro caso quelle del codice deontologico medico, sono sottoposte a continue revisioni e alcune di esse possono contrastare con il giudizio etico di certi suoi membri (per esempio le norme che disciplinano l’interruzione della gravidanza).
Nel 1932 alcuni ricercatori sovvenzionati dal governo statunitense negarono, ingannandoli e a scopo di ricerca medica, le opportune cure a pazienti portatori di sifilide, afroamericani poveri e senza cultura, cui non vennero riferite né la diagnosi né la prognosi della malattia.
Quella ricerca, nota come sperimentazione di Tuskegee dal nome della cittadina dell’Alabama in cui si svolse, rappresenta uno dei più infamanti esempi di ricerca biomedica nella storia degli Stati Uniti d’America.
Contemporaneamente, nello stesso contesto americano, si andava lentamente formando un cambiamento culturale contraddistinto da una maggiore attenzione ai diritti individuali.
Si cominciava a parlare di parità dei diritti civili per le popolazioni afroamericane e di riconoscimento, per le donne, della libertà di esercitare la propria volontà in materia sessuale e la propria autonomia decisionale.
Si stava assistendo alla condivisione culturale di alcuni valori per cui ogni soggetto, a prescindere da diversità di genere o di etnia, guadagnava il diritto di scegliere il “meglio” per la propria vita, in diversi settori, compreso quello della salute.
Un’eccezionale coincidenza si verificava negli stessi anni in campo biomedico, grazie allo sviluppo tecnico-scientifico, e si concretizzava con la “rivoluzione terapeutica” (scoperta di sulfamidici e penicillina), la “rivoluzione tecnologica” (produzione delle prime macchine per la dialisi, la circolazione extracorporea, il cuore e il polmone artificiale) e infine la “rivoluzione biologica”; tutti questi progressi conferivano all’uomo nuovi poteri di intervento sulla riproduzione, la genetica e il sistema nervoso.
Afferma Carlo Casonato, docente di diritto all’Università di Trento: «la medicina, insomma, interviene sempre più in modo massivo sulla vita, sulla morte e sulle rispettive origini e riesce a spostarne in termini qualitativi il confine, prima maggiormente riconoscibile in termini “naturali”. Si impone così una nuova riflessione sul significato delle stesse (vita e morte) e in particolare sui concetti di sacralità e di qualità della vita, sui poteri del medico, sul ruolo della volontà del paziente e sul riconoscimento dell’autodeterminazione del soggetto (consenso informato)».
Da ultimo prese il via la consapevolezza dei rischi nei confronti dell’ambiente (non solo riguardo a ciò che “vive”), rispetto al quale lo sviluppo economico e industriale senza regole né limiti può determinare grave danno e precluderne alle generazioni future la fruibilità.
La bioetica nasce, quindi, come profonda esigenza da un humus culturale e giuridico favorevole e trova la forza per affermarsi ed espandersi nella necessità di porre limiti a ciò che l’uomo può fare, per impedire la sua autodistruzione e/o la distruzione dell’ambiente in cui vive. Le differenze di pensiero, che danno vita al dibattito bioetico, sono determinate in massima parte dai diversi criteri scelti per definire ciò che realizza, o ciò che distrugge, l’uomo e il suo ambiente.
Cerca in Medicina A-Z