AIDS -Trattamento
Negli ultimi quindici anni l’HIV/AIDS è stata la malattia che ha beneficiato più di qualunque altra dei progressi della ricerca: sono stati sviluppati farmaci talmente efficaci che la patologia è passata da mortale a cronica in brevissimo tempo. La strategia è quella di aggredire il virus in più punti del suo sistema replicativo, distruggendolo sistematicamente, andando a interferire con alcuni enzimi fondamentali, come la trascrittasi inversa, la proteasi e l’integrasi, o con alcuni meccanismi di ancoraggio alle cellule bersaglio o di penetrazione nelle stesse. Si utilizzano contemporaneamente almeno tre farmaci (triterapia). L’efficacia della terapia può essere messa in evidenza e strettamente controllata attraverso il cosiddetto test della carica virale (dosaggio del RNA virale) che è disponibile da circa dieci anni e permette di dosare la “quantità” di HIV presente nel sangue. Il virus tende a non essere più rilevabile nel sangue dopo alcuni mesi di terapia assunta con grande regolarità e tale situazione può protrarsi per moltissimi anni; purtroppo, però, ciò non significa che il virus sia scomparso dall’organismo, come inizialmente si era ipotizzato; bastano infatti alcune settimane di interruzione della terapia per vedere ricomparire l’HIV nel sangue (la carica virale diventa nuovamente rilevabile). Questo fenomeno è stato ampiamente studiato e si è osservato che il virus si nasconde in alcune cellule o in alcuni organi del corpo umano (i cosiddetti santuari) che sono impenetrabili ai farmaci oggi in uso; proprio da quei siti il virus riprende a svilupparsi, una volta che la terapia viene interrotta. Per quanto mirate a combattere il virus, le terapie presentano effetti collaterali che tendono ad accumularsi nel tempo. I danni maggiori possono essere soprattutto metabolici (in particolare sul metabolismo degli zuccheri e dei grassi e sul sistema energetico di molte cellule), gastrointestinali ed epatici (aggravati questi ultimi dalla contemporanea presenza della epatite C, molto frequente nei soggetti sieropositivi europei). È fondamentale pertanto che la cura sia gestita in forte sinergia tra medico e paziente e impostata e seguita da équipe di grande esperienza, nelle quali a volte risulta fondamentale anche la presenza di uno psicologo; infatti, dopo qualche anno, può subentrare la “fatica terapeutica”, ossia quella condizione caratterizzata da repulsione alle cure e dalla predisposizione a una scarsa aderenza ai trattamenti e agli esami di controllo. [P. C.]
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