Aborto -Terapia
In presenza di perdite di sangue o di dolori addominali di minima entità, non associati a minaccia d’aborto, il ginecologo in genere preferisce aspettare e controllare l’evoluzione della situazione, specie se la donna è nelle prime settimane di gravidanza; così pure, di solito, consiglia di sottoporsi a controlli ginecologici ed ecografici nelle settimane successive, per controllare l’evoluzione della gravidanza stessa. Qualora invece vi sia una minaccia di aborto, la condotta medica dipenderà dal periodo della gestazione: nelle fasi molto iniziali della gravidanza, la minaccia d’aborto in genere diventa un aborto vero e proprio, completo o incompleto (nel qual caso, si dovrà procedere a uno svuotamento della cavità uterina); nel caso in cui, invece, la minaccia d’aborto avvenga in una fase più avanzata della gestazione (oltre le 14-16 settimane), è possibile tentare di arrestare l’aborto con farmaci che controllano e interrompono le contrazioni dell’utero, riposo assoluto a letto e “cerchiaggio” del collo dell’utero (piccolo intervento che serve a evitare l’apertura del collo dell’utero e quindi la fuoriuscita di feto e placenta).
Tutto questo, ovviamente, non garantisce che nelle settimane successive ciò non accada nuovamente, ma abitualmente è sufficiente a garantire il completamento del periodo di gravidanza. Infine, nell’eventualità di un aborto interno, l’unica scelta terapeutica possibile è l’asportazione chirurgica del materiale abortivo. [S.F.]
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