Omeopatia
Omeopatia
Comparazione
Nella tabella che segue viene effettuata una sommaria comparazione fra i diversi approcci. Sarà cura del medico esperto in omeopatia scegliere caso per caso la strada terapeutica da intraprendere, sia essa allopatica, omeopatica o di integrazione fra esse, nel primario interesse per la salute del proprio paziente.
Principio di diluizione infinitesimale
Il principio di similitudine è strettamente correlato al secondo principio cardine dell’omeopatia, quello della diluizione infinitesimale. Infatti, una volta stabilito che il rimedio deve essere il più simile possibile alla malattia da curare e che va ricercato inducendo uno stato morboso nel soggetto sano (patogenesi), si pone il problema del dosaggio di tale rimedio.
Hahnemann giunse alla diluizione infinitesimale dopo una serie di esperimenti e osservazioni: infatti constatò che dosaggi massicci di medicinali, anche nel caso di effetti favorevoli, agivano con maggiore intensità del necessario e in qualche caso rallentavano la guarigione; così ridusse il dosaggio fino al minimo necessario a esercitare un’azione salutare. Hahnemann applicò tale metodica non solo nella terapia, ma anche nella patogenesi: se nelle sue prime patogenesi, infatti, utilizzava dosi relativamente forti, ponderali, dopo aver scoperto l’azione terapeutica dell’infinitesimale, passò a dosi sempre più basse fino ad arrivare a patogenesi effettuate con diluizioni infinitesimali, che proprio in virtù di tale sollecitazione si mostravano più ricche di sintomi.
Nelle prime cinque edizioni dell’Organon Hahnemann descrisse nel dettaglio la preparazione dei rimedi omeopatici mediante successivi passaggi da una diluizione decimale o centesimale all’altra; in tarda età iniziò a utilizzare anche la diluizione cinquantamillesimale, come testimonia la sesta edizione dell’opera, edita postuma. La scoperta dell’azione di dosi sempre più deboli suscitò nei confronti di Hahnemann un’accanita opposizione, che continuò per più di un secolo da parte dei suoi detrattori: tale ostilità dipendeva in buona parte da quanto aveva formulato nel 1811 Avogadro nella sua teoria dei gas perfetti, poi estesa anche ai fluidi. Secondo questa teoria, a parità di pressione e di temperatura, un grammomole di gas diversi occupa lo stesso volume e contiene lo stesso numero di molecole, e ciò implica che oltre una certa diluizione (1023 molare) sia assai difficile reperire nella soluzione le molecole del soluto di partenza: poiché le diluizioni usate da Hahnemann e dai suoi allievi superavano spesso il limite stabilito dal cosiddetto numero di Avogadro, si diffuse la convinzione che molti rimedi omeopatici avessero soltanto un effetto placebo perché troppo distanti dalla sostanza di partenza. A questa obiezione Hahnemann rispondeva ribadendo il principio dell’osservazione e dell’esperienza: “sento gli sciocchi, imbevuti dei loro pregiudizi secolari, esclamare con un sogghigno: un quadrimilionesimo di grano? Questo o niente è la stessa cosa! [...] Perché niente? La divisione di una sostanza, per quanto lontano la si spinga, può forse produrre qualcosa di diverso dalle parti del tutto? Dividendo all’infinito, non resta forse sempre qualcosa di reale, una parte del tutto, per quanto piccola la si possa supporre? Quale uomo intelligente oserebbe rispondere di no?”
Il problema della diluizione non è stato soltanto il principale motivo di opposizione all’omeopatia, ma ha addirittura creato uno scisma all’interno della disciplina, che ha visto i fautori delle alte diluizioni contro i fautori delle basse diluizioni.
Vediamo adesso in che cosa consiste la diluizione.
La diluizione è, con la dinamizzazione, una delle operazioni peculiari della tecnica farmaceutica omeopatica. Essa permette, grazie a una serie di deconcentrazioni successive, di raggiungere e superare i limiti di presenza anche di una sola molecola della sostanza di partenza e costituisce il vero principio attivo del rimedio omeopatico. Nella preparazione dei rimedi omeopatici vengono usati prodotti vegetali, animali, minerali e bioterapici (sieri, vaccini, tossine, viruse così via).
Esistono due tipi di diluizioni: quelle centesimali e decimali hahnemanniane e quelle korsakoviane. Le prime sono ottenute dividendo la sostanza di base in mezzo liquido, alcol, e poi impregnandola in mezzo solido, il lattosio; le sostanze di base che non sono solubili in mezzi liquidi (metalli, carbonato di calcio, arsenico ecc.) vengono triturate con il lattosio nella proporzione 1:10 o 1:100 e quindi (dopo la terza triturazione) passate in mezzo liquido, ammesso che da questo momento in poi tutte le sostanze siano diventate solubili.
Per le sostanze direttamente solubili si utilizza solo il veicolo liquido nella stessa proporzione 1:10 o 1:100.
Le diluizioni decimali sono indicate con le lettere DH, le centesimali con le lettere CH. Per effettuare i vari passaggi, è necessario predisporre una serie di flaconi di vetro, perfettamente puliti e in numero corrispondente al grado di diluizione desiderato. La prima diluizione si effettua mettendo nel primo flacone una parte della sostanza di base cui si aggiungono 99 parti in volume di alcol a 70 °C. Prelevando poi una parte in volume di questa prima CH e mescolandola in un secondo flacone con altre 99 parti di alcol si ottiene la seconda CH, e si prosegue così fino alla diluizione desiderata.
Più complessa è la diluizione cinquantamillesimale, in cui vengono utilizzati 500 globuli di zucchero del peso di 2,5 grammi. Tali globuli vengono impregnati con una goccia di diluizione, in modo che ognuno di essi contenga 1/500 di goccia: se a questo punto si scioglie un globulo in una goccia d’acqua e questa viene a sua volta diluita in 100 gocce di alcol, nella successiva diluizione la proporzione tra globulo e solvente sarà 1/500 X 1/100 = 1/50.000.
Il metodo di diluizione korsakoviano consiste nell’eseguire le diluizioni in un unico flacone. Si inizia versando in tale flacone una goccia di sostanza unita a 100 gocce di acqua distillata e agitando vigorosamente, in modo da ottenere la prima diluizione, quindi si getta il tutto, si scola con attenzione il flacone e, presumendo che sulle pareti dello stesso resti una quantità di liquido pari a una goccia, si aggiungono altre 100 gocce di diluente, poi si agita il tutto e si prosegue così per ottenere le successive diluizioni. I rimedi ottenuti con la diluizione korsakoviana sono contrassegnati con la lettera K. Nonostante questo tipo di diluizione sia abbastanza diffuso, le diluizioni di tipo hahnemanniano vengono considerate più ortodosse e affidabili, anche perché sono state proposte dallo stesso Hahnemann.
Per quanto riguarda la dinamizzazione, occorre dire che ogni diluizione ottenuta deve essere attivata o “potenziata” per esercitare tutto il suo effetto terapeutico: questa operazione viene detta appunto dinamizzazione, e consiste nel sottoporre a una serie di energiche succussioni ogni flacone in cui si sia effettuata la diluizione. Il movimento impresso al flacone deve seguire un percorso unidirezionale e fare ritmiche inversioni di moto, per consentire al liquido in esso contenuto una serie di piccoli vortici energizzanti. Il risultato di tale complesso procedimento sarà il farmaco omeopatico, che verrà indicato riportando il numero delle diluizioni effettuate, il simbolo del metodo di diluizione utilizzato e il nome della sostanza di partenza.