Ginkgo biloba
Pianta appartenente alla famiglia delle Ginkgoaceae. La droga è costituita dalle foglie essiccate. I costituenti principali sono flavonoidi, rappresentati da una ventina di eterosidi dei flavonoli; sono presenti anche flavan-3-oli e proantocianidoli. I composti chimici caratteristici di questa pianta sono diterpeni detti ginkgolidi A, B, C, J e M, strutture esacicliche particolari, e un sesquiterpene denominato bilobalide; sono presenti anche steroli, alcoli e chetoni alifatici, numerosi acidi organici, zuccheri e polisaccaridi idrosolubili.
La droga è compresa nelle monografie OMS, che ne indica come preparazione farmaceutica l’estratto secco, ottenuto dalle foglie essiccate con un solvente acqua-acetone. Questo contiene dal 22 al 27% di glucosidi flavonici determinati, come quercetina e kempferolo, dal 5 al 7% di lattoni terpenici (2,8-3,4% di ginkgolidi A, B, C e 2,6-3,2% di bilobalide). L’estratto di riferimento a livello internazionale è chiamato EGb 761. Studi farmacologici in vitro hanno dimostrato che l’estratto di ginkgo svolge un’azione muscolotropica analoga a quella della papaverina: sia i flavonoidi sia la papaverina, infatti, inibiscono l’enzima 3',5'-GMP ciclico fosfodiesterasi, fenomeno che provoca un rilassamento nell’aorta isolata di coniglio; l’estratto ha inoltre azione di scavenger sui radicali liberi e protegge il tessuto cerebrale dal danno ipossico. Studi in vivo sull’animale provano che la droga protegge il cervello di ratto dall’insulto ischemico, e che gli animali trattati con l’estratto sopravvivono in condizioni di ipossia meglio dei controlli. I costituenti responsabili di questa attività non sono stati ancora precisamente definiti, anche se sono stati chiamati in causa di volta in volta i flavonoidi, i ginkgolidi e il bilobalide. Nel ratto, il ginkgo protegge il cuore dall’insulto da ischemia-riperfusione, e questa prerogativa sembra essere dovuta sia all’azione antiossidante e antiradicalica sia alla capacità del ginkgo di interferire con l’attività fibrinolitica. I ginkgolidi, in particolare quello di tipo B, ma anche gli A, C e J, sono antagonisti del PAF (Platelet Activating Factor), potente induttore di aggregazione piastrinica prodotto dalle piastrine, dai leucociti, dai macrofagi e dalle cellule endoteliali vascolari. Questo mediatore è implicato nei processi di aggregazione piastrinica, degranulazione dei neutrofili, produzione di radicali liberi che inducono un aumento della permeabilità vascolare e bronco-ostruzione.
Inibendo il legame del PAF ai leucociti e alle piastrine, i ginkgolidi riducono la chemiotassi leucocitaria e la degranulazione dei polimorfonucleati, ostacolando anche la produzione di radicali liberi e di leucotriene B4. I flavonoidi si sono dimostrati in grado di inibire il rilascio di istamina dai basofili e dai mastociti, in risposta a numerosi antigeni.
Dagli studi effettuati non sono emersi effetti tossici, mutageni o cancerogeni. Raramente e a dosaggi elevati si sono presentati cefalea, dolori addominali e reazioni allergiche cutanee. La tossicità in seguito a somministrazioni ripetute (a dosaggi elevati per 6 mesi) di 500 mg/kg/die di EGb 761 nel ratto risulta praticamente nulla: non compaiono segni clinici, alterazioni ematochimiche o danni organici istologicamente rilevabili. Il ginkgo può potenziare l’azione di antiaggreganti piastrinici e anticoagulanti, pertanto ne è controindicato l’uso in pazienti che assumono questi farmaci. Non va usato (o va sospeso almeno una settimana prima) in pazienti che devono sottoporsi a interventi chirurgici. Se ne sconsiglia l’uso in gravidanza e durante l’allattamento. Poiché mancano studi clinici che ne confermino la sicurezza d’uso in età pediatrica, se ne raccomanda un impiego prudente, previa prescrizione medica.
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