Bulimia
Disturbo del comportamento alimentare (vedi anche Anoressia e bulimia) caratterizzato da un bisogno incontrollabile di ingerire cibo in grandi quantità da parte di un soggetto che abitualmente non dimostra grande appetito; viene detto anche iperoressia, iperfagia e polioressia. Il comportamento bulimico ha significati assai diversi. Può connettersi a vari problemi psicologici o medici, per esempio costituire una variante di un altro disturbo della condotta alimentare, l’anoressia mentale. Tale disturbo si osserva spesso nel periodo dell’adolescenza e pare più diffuso nel sesso femminile, anche se la sua frequenza resta ancora imprecisata.
Cause
Eccettuati i casi di squilibri metabolici (diabete, disturbi ormonali) e di alcune lesioni nervose (rari tumori del tronco cerebrale), le principali cause della bulimia sono di ordine psicologico.
Molto spesso il comportamento bulimico insorge come difesa contro depressione e stress: mangiando continuamente, il soggetto non mira tanto a nutrirsi, quanto a placare un’angoscia, a compensare la frustrazione e/o a rivalutare l’immagine di sé, che in genere non risulta soddisfacente.
Talvolta consumare cibo in eccesso diventa un rito nevrotico o un modo per ripagarsi dell’insoddisfazione sessuale.
Nell’anoressia mentale il digiuno può essere interrotto da crisi bulimiche, che comportano aumento di peso, senza per questo che gli altri sintomi spariscano: dal punto di vista psichico, la paziente continua a essere un’anoressica. Alcune donne diventano direttamente bulimiche, senza attraversare la fase del digiuno e del dimagramento, che compare invece in un secondo tempo.
Sintomi e diagnosi
Il comportamento bulimico non è preoccupante finché rimane occasionale, come nel caso dei soggetti che prediligono alimenti dal forte valore affettivo e simbolico; di conseguenza, le “voglie” delle donne in gravidanza costituiscono una forma di bulimia fisiologica. La bulimia depressiva e nevrotica si manifesta periodicamente sotto forma di un comportamento compulsivo. Procura un sollievo momentaneo, a differenza della bulimia delle anoressiche. Quest’ultima è contrassegnata dall’ingestione a brevissimi intervalli di tempo (in genere meno di 2 ore) di grandi quantità di cibo, cui si accompagna una sensazione di perdita di controllo. La paziente ha inoltre la tendenza a procurarsi il vomito, ad assumere lassativi e a seguire, al di fuori di queste crisi episodiche, un regime alimentare severo per evitare di ingrassare. Nei casi più gravi, gli accessi bulimici, accompagnati da vomito indotto, possono causare disidratazione e perdita massiccia di potassio (che si manifesta con debolezza, crampi e rischio di alterazioni del ritmo cardiaco), oltre a lesioni esofagee e dentarie imputabili all’acidità del rigurgito gastrico.
Trattamento
È guidato dalla diagnosi e da una valutazione organica preliminare. Per essere efficace e assicurare risultati duraturi, va formulato in un clima di fiducia e deve agire sulle cause psicologiche. La psicoterapia, eventualmente associata alla prescrizione di antidepressivi, mira alla maturazione emotiva e alla risoluzione dei conflitti affettivi.
Paziente e medico collaborano così a stabilire nuove abitudini alimentari. Una dieta non andrebbe mai intrapresa senza la consulenza del medico e gli anoressizzanti vanno assolutamente banditi.
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