Omeopatia
Omeopatia
Principio di similitudine
Questo principio trova la sua espressione più chiara in un quesito di Hahnemann. Nella sua incessante ricerca del medicinale più idoneo alla cura degli stati morbosi egli, a seguito dell’esperimento sulla china, scrisse: “...come potrebbero i medicinali produrre ciò che compiono nelle malattie se non in virtù delle proprietà che essi hanno di modificare il corpo dell’uomo che sta bene? […] se non mi sbaglio, continuavo a ripetermi, deve essere così. Perché altrimenti come sarebbe possibile che la febbre terzana e la febbre quartana di cui ho ottenuto la guarigione qualche settimana fa grazie al ricorso a una o due gocce di china presentino sintomi pressoché identici a quelli che ieri e oggi ho osservato su di me quando, per fare un esperimento, ho preso, poco per volta, e sebbene fossi in buona salute, quattro dramme di china?” La risposta a questo quesito è che i medicinali possono guarire soltanto le malattie analoghe a quelle che gli stessi hanno la capacità di causare nell’uomo sano.
Similia similibus curentur (il simile si curi con il simile), l’enunciato principe dell’omeopatia, di ippocratica memoria, non rappresenta dunque per Hahnemann un assioma a priori, come fu per gli antichi, ma è piuttosto il risultato di un processo basato sulla continua sperimentazione e come tale deriva da una specifica metodologia e assume una sua specifica semantica. L’insieme dei sintomi patologici evocati nei soggetti sani a seguito della somministrazione di una certa sostanza prende il nome di patogenesi, un termine che nel linguaggio medico allopatico indica invece l’insieme dei meccanismi da cui origina un processo morboso.
Secondo Hahnemann, solo con l’esame accurato della patogenesi si ottiene la selezione dei giusti rimedi: per scoprire le vere proprietà medicinali di una sostanza, allora, occorrerà concentrarsi sulla malattia artificiale specifica che essa provoca generalmente nell’organismo sano, adattandola poi a uno stato patologico analogo a quello che si desidera eliminare. Lo stesso enunciato vale, secondo Hahnemann, per le affezioni croniche, per eliminare le quali occorrerà cercare rimedi che provochino nell’organismo umano in salute una malattia il più analoga possibile a quella che si vuole curare.
Hahnemann carica il principio di similitudine di ulteriore significato e complessità elaborando il concetto di miasma o, secondo una definizione più recente, modello reattivo. Il miasma indica, nell’accezione hahnemanniana, la predisposizione del soggetto ad ammalarsi in un modo piuttosto che in un altro, introducendo quindi in medicina un elemento nuovo e rivoluzionario: la sensibilità individuale.
Semplificando, si potrebbe dire che nell’osservazione sia della patogenesi sia della malattia vera, il medico tedesco doveva tener conto di due fattori: i sintomi patognomici, cioè quelli obiettivi, che derivano dalla malattia stessa, e i sintomi reattivi, cioè quelli personali, che derivano dalla reazione individuale del malato. La scelta del rimedio deve quindi tener conto, oltre che della malattia, anche della risposta individuale.
L’introduzione di due elementi fondamentali quali la sperimentazione sull’uomo sano e il concetto di miasma (anticipazione ante litteram della predisposizione genetica dell’essere umano alla malattia) permette al principio similia similibus curentur, nato presso gli antichi come principio aprioristico, di acquisire nella formulazione hahnemanniana validità scientifica. Si inaugura in tal modo una nuova concezione del farmaco e della malattia, che non possono essere genericamente catalogati in categorie perché per ogni malattia esistono tanti stati diversi, “specifici”. Proprio in virtù di tale specificità, i similia non devono essere applicati né al genere né alla specie della malattia, quanto piuttosto al singolo caso, con le sue peculiarità, e la sperimentazione su soggetti sani costituisce l’unica guida attendibile per valutare l’azione specifica dei rimedi e applicarli alla malattia analoga.