Branca della medicina che si occupa di individuare e valutare il rischio genetico che un individuo possa essere vittima di una malattia nel corso della sua esistenza. La medicina predittiva, strettamente connessa alla genetica, studia i fattori di rischio di insorgenza delle malattie a uno stadio il più precoce possibile, addirittura neonatale o prenatale. Appartiene al campo della medicina predittiva l’identificazione in un individuo di un dato antigene del sistema di istocompatibilità HLA, che rivela la presenza di una predisposizione a certe malattie nell’ambito di una popolazione campione (HLA B27 per le spondilartropatie, HLA B5 per la malattia di Behçet). Rientra in questo ambito l’identificazione prenatale di malattie monogeniche (la cui insorgenza dipende dalla modificazione di un singolo gene), per esempio l’individuazione di una trisomia 21, di cui i genitori possono in tal modo essere informati prima della nascita del bambino. Il principale ambito di studio della medicina predittiva è quello delle malattie poligeniche (la cui insorgenza dipende dalla modificazione di più geni), come l’ipertensione arteriosa essenziale e il diabete non insulinodipendente. Lo studio del cariotipo (patrimonio cromosomico di un individuo), favorito dalla recente mappatura del genoma (determinazione dell’insieme dei geni umani), permette di prevedere precocemente quali soggetti siano predisposti a sviluppare tali malattie in età adulta. L’obiettivo è mettere in atto misure preventive, quando disponibili, al fine di impedire o ritardare il più possibile l’insorgenza della malattia (per esempio per combattere la tendenza all’ipercolesterolemia). Due sono le principali obiezioni mosse alla medicina preventiva. In primo luogo, essa implica la possibilità di preannunciare a un individuo una forte predisposizione a una malattia (se non la certezza di svilupparla), molto tempo prima che essa effettivamente si manifesti. Questa consapevolezza rischia di turbare un’esistenza che potrebbe svolgersi normalmente ancora per molti anni. In secondo luogo, se l’obiettivo di indagini genetiche di questo tipo è scientificamente giustificato, esse sollevano qualche interrogativo nel campo della diagnosi preimpianto, che, in caso di procreazione assistita, consente di controllare il cariotipo di un embrione prima del suo impianto in utero.