Mal di testa -Profilassi e trattamento dell’emicrania
Una volta formulata la diagnosi, l’approccio terapeutico può essere suddiviso in tre momenti:
- identificazione dei fattori scatenanti o favorenti gli attacchi;
- assunzione di misure precauzionali (corretta igiene di vita, comportamenti di evitamento);
- identificazione di un’idonea terapia sintomatica o di profilassi.
È necessario indagare accuratamente, e se possibile rimuovere, gli eventuali fattori scatenanti gli attacchi e tenere sotto controllo attento, per almeno un paio di mesi, l’andamento delle crisi emicraniche al fine di quantificare la frequenza, l’intensità e la durata della cefalea, nonché l’intensità dei sintomi di accompagnamento e il consumo di analgesici e altri farmaci. In presenza di due o più crisi emicraniche al mese, parzialmente o totalmente disabilitanti, della durata media di almeno quattro giorni, è indicato impostare un trattamento preventivo. Per la terapia profilattica ci si può avvalere di farmaci b-bloccanti o calcioantagonisti o antidepressivi o antiepilettici, ma è necessario assumere regolarmente il farmaco per un periodo di due-tre mesi prima di poterne giudicare l’efficacia.
Per efficacia si intende un miglioramento della qualità di vita e una riduzione di almeno il 50% di intensità e/o durata e/o frequenza delle crisi. Per quanto concerne la terapia sintomatica (ossia del mal di testa in sé), si rende invece necessario prescrivere i farmaci in dose adeguata, preferendo quelli contenenti un solo principio attivo e consigliando al paziente un’assunzione il più precoce possibile rispetto all’esordio dell’attacco. Nel trattamento “in acuto” dell’emicrania vengono abitualmente impiegati farmaci specifici per questa situazione (ma anche non specifici). Tra i farmaci analgesici le linee guida SISC consigliano l’indometacina, il naprossene sodico, l’ibuprofene, il diclofenac, l’acido acetilsalicilico e il paracetamolo.
L’attività terapeutica di questi prodotti è attribuibile all’inibizione della sintesi di prostaglandine in sede perivasale, derivante dal blocco della ciclossigenasi. I derivati dell’ergot comunemente impiegati sono due: l’ergotamina, che deve essere utilizzata solamente nei pazienti con bassa frequenza di crisi per la sua ben nota capacità di provocare dipendenza e intossicazioni croniche, e la diidroergotamina. Tali farmaci sono stati utilizzati come vasocostrittori delle arterie cerebrali. L’ergotamina, per decenni considerata il farmaco d’elezione nel trattamento sintomatico dell’emicrania, agisce in realtà sui recettori serotoninergici, a-adrenergici e dopaminergici, per cui molti degli effetti collaterali di tale molecola possono essere attribuiti alla sua scarsa selettività recettoriale. La terapia sintomatica dell’emicrania con aura non differisce sostanzialmente da quella dell’emicrania senz’aura: non esistono infatti farmaci in grado di bloccare o di limitare la durata della fase prodromica.
La scoperta che i recettori per la serotonina rivestono un ruolo fondamentale nella patogenesi dell’emicrania ha indirizzato la ricerca verso lo sviluppo di possibili nuovi farmaci specifici per il trattamento di tale disturbo. Tali molecole, dette triptani, risultano ormai di impiego clinico molto diffuso: sumatriptan è la molecola capostipite di questa generazione di farmaci, cui ha poi fatto seguito la cosiddetta seconda generazione dei triptani, costituita da molecole quali zolmitritan, rizatriptan, eletriptan, almotriptan e frovatriptan. [M.R., G.G.]
Cerca in Medicina A-Z