Inquinamento acustico
Gli effetti negativi dell’inquinamento acustico colpiscono innanzitutto l’apparato uditivo, ma in secondo luogo coinvolgono altri apparati (per esempio quello cardiocircolatorio) e la psiche. Il danno acustico generalmente si realizza poco per volta, in modo lento e, almeno inizialmente, impercettibile. Si consideri, per esempio, che se all’ingresso di una discoteca si effettua un controllo (mediante l’esame detto audiometrico) quasi tutti i “tracciati” audiometrici risulteranno normali, mentre se l’esame viene ripetuto all’uscita, dopo qualche ora di permanenza nel locale e quindi un’esposizione prolungata a livelli sonori di solito molto elevati, molti degli stessi soggetti esaminati in precedenza risulteranno affetti da un’audiometria patologica; se però le stesse persone vengono ricontrollate dopo ventiquattro ore, il tracciato audiometrico risulterà quello del primo controllo. In apparenza, sembra dunque che l’inquinamento acustico non produca danni permanenti: in realtà, però, la capacità uditiva non torna quasi mai esattamente quella di prima, in quanto la sensibilità nei confronti dei suoni più acuti si riduce, anche se in modo talmente lieve che una semplice audiometria non riesce a evidenziarla. Nei soggetti più sensibili tale danno sarà maggiore, nei soggetti più resistenti minore.
Con il sommarsi delle esposizioni a elevati livelli acustici, il danno inizia gradualmente ad aumentare, finché anche l’audiometria eseguita dopo un adeguato periodo di riposo dall’esposizione riesce a evidenziare una lesione iniziale. Questa lesione acustica, ora divenuta irreversibile, non è però avvertita dal soggetto in quanto è in primo luogo di modesta entità, in secondo luogo “lontana” dalle frequenze acustiche normalmente utilizzate dalla voce umana.
Solo con la ripetuta esposizione si potranno concretizzare danni acustici tali da essere percepiti anche dal soggetto: tali danni risulteranno però, a questo punto, irrimediabili.
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