Febbre emorragica virale
Malattia infettiva acuta, febbrile, causata da un virus del gruppo degli Arbovirus. Alcuni virus responsabili delle varie febbri emorragiche virali sono presenti in tutti i continenti, altri solo in zone ben delimitate. Il serbatoio di questi virus sono piccoli roditori, che li trasportano nel sangue, nelle urine e nelle feci, ma non contraggono la malattia. Gli arbovirus vengono trasmessi all’uomo tramite la puntura di artropodi (zanzare, zecche) o per contatto con le deiezioni dei roditori. Queste malattie possono causare epidemie più o meno importanti, provocate dall’allentamento delle misure preventive che avevano permesso di controllarle (febbre gialla urbana), oppure dall’estensione di un virus al di là della sua localizzazione d’origine (è il caso della dengue, ormai presente in tutto il mondo), o ancora dalla comparsa di una virosi in una regione dove era allo stato latente, in seguito a un’alterazione dell’ecosistema (che comporta uno sviluppo delle specie riserva e vettore del virus) derivante da intervento umano (deforestazione, rimboschimento, urbanizzazione e così via).
Soltanto le febbri emorragiche africane (Ebola, Lassa, Marburg) sono contagiose e quindi suscettibili di provocare epidemie locali importanti, spesso letali.
Sintomi ed evoluzione
La malattia esordisce con uno stato febbrile acuto, detto pseudoinfluenzale, seguito il quarto giorno da un’eruzione cutanea rubeoliforme (simile a quella che si ha nella rosolia) e il sesto giorno da fenomeni emorragici superficiali (epistassi, porpora con petecchie e così via), genitali (metrorragie) o profondi (ematemesi, emorragia intestinale). A seconda del virus responsabile, possono anche apparire altre manifestazioni acute: epatite, miocardite, encefalite o insufficienza renale.
L’evoluzione dura una decina di giorni e può essere fatale. La guarigione è seguita da una lunga convalescenza.
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