Dolore -Come e perché si genera un dolore
Esistono, ed è bene considerarle in modo distinto, due diverse tipologie di dolore.
Una tipologia è quella del dolore fisiologico, che è tipicamente sempre di insorgenza improvvisa ed evocato da un preciso stimolo. Il dolore, in questi casi, si produce in seguito all’attivazione di specifiche strutture (i cosiddetti recettori periferici) da parte di un determinato stimolo, che deve essere sufficientemente intenso da riuscire a stimolare i recettori anche in assenza di qualsiasi danno dei tessuti: per fare un esempio, uno schiaffo rappresenta un tipico dolore fisiologico acuto.
Un secondo tipo di dolore è quello patologico, che può manifestarsi all’improvviso (in questi casi viene detto acuto) o persistere nel tempo (si parla allora di dolore cronico).
Il dolore si produce, in questi casi, in seguito all’attivazione dei recettori periferici in presenza di un danno presente a livello dei tessuti dell’organismo, spontaneamente o a causa di stimolazioni di minima entità (bassa soglia): sono esempi di dolore patologico acuto il dolore conseguente a un trauma o quello postoperatorio, così come la colica e il mal di denti; tutti questi esempi hanno in comune il fatto che una volta che si sia rimossa la causa o riparato il danno, il dolore cessa.
A ben guardare, questa tipologia di dolore rappresenta allora un segnale di allarme, che sta a indicare la presenza di un danno reversibile per il quale è possibile rimuovere la causa.
Il dolore patologico cronico persiste perché la stessa malattia che lo causa è cronica (per esempio una malattia inguaribile) oppure perché, dopo la guarigione della malattia o la rimozione della causa, sussistono meccanismi in grado di mantenerlo nel tempo: esempi di questo tipo sono il dolore che accompagna le malattie reumatiche croniche oppure il dolore che segue lesioni del midollo spinale o dei nervi provocate da gravi traumi.
La percezione del dolore può essere influenzata da numerosi fattori chimici: questi possono intervenire sia sull’attività dei recettori del dolore (algogeni o nocicettori) sia sul processo di trasmissione della percezione dolorosa lungo le vie nervose. Alcune di queste sostanze (per esempio le bradichinine, l’istamina, la serotonina, le prostaglandine, gli ioni idrogeno e la sostanza P) vengono prodotte dai tessuti danneggiati e sono in grado di “sensibilizzare” le microscopiche strutture deputate a generare i segnali del dolore (nocicettori tissutali).
Una volta generato, lo stimolo doloroso viaggia lungo specifiche vie nervose fino al midollo spinale e di qui al cervello in una parte chiamata talamo, vera e propria stazione di smistamento da cui l’impulso doloroso (nocicettivo) viene distribuito a diverse parti del cervello tra cui la corteccia cerebrale, sede dell’elaborazione dello stimolo doloroso: tale elaborazione produce infine la percezione soggettiva del dolore che, a parità di intensità dello stimolo originario, può variare tra persona e persona. Il risultato finale, in altre parole, non è più e non è solo la semplice percezione e trasmissione di uno stimolo di intensità e di ampiezza differente, ma un quadro clinico che coinvolge tutta la persona nelle sue dimensioni fisiche, psichiche, spirituali: è questa la condizione che chiamiamo sofferenza.
Nel suo viaggio dalla periferia (dove è avvenuta la stimolazione dei recettori) al cervello, l’impulso doloroso passa attraverso diverse stazioni, una delle quali si trova nel midollo spinale, e qui può venire “modulato”: capita cioè che alcuni stimoli con capacità inibitorie frenino l’impulso e ne condizionino il proseguimento verso il cervello. Melzack e Wall hanno ipotizzato con la loro “teoria del cancello” (vedi riquadro Cenni storici) che esista una soglia per l’impulso dolorifico oltre la quale il cervello stesso attiva sistemi inibitori in grado di ridurre l’entità dello stimolo che gli arriva.
In estrema sintesi, il dolore riconosce nella sua struttura funzionale tre elementi essenziali:
- 1. un sistema che conduce l’impulso doloroso dalla periferia al cervello;
- 2. un sistema che elabora e interpreta l’informazione dolorosa, predisponendo una strategia di risposta (motoria, ormonale, psicoemotiva);
- 3. un sistema di modulazione che, attraverso specifiche vie nervose, agisce a livello di alcuni snodi attraverso i quali l’impulso doloroso deve passare ed è in grado di frenarne il cammino verso il cervello.
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