Blocco atrioventricolare
Alterazione della conduzione elettrica nel tessuto del nodo senoatriale (tessuto proprio del muscolo cardiaco) tra atri e ventricoli.
Tipi di blocco atrioventricolare
I blocchi atrioventricolari vengono classificati in tre gradi di gravità, ciascuno dei quali può essere acuto o cronico:
- semplice prolungamento dell’intervallo di contrazione tra atri e ventricoli, in cui la contrazione dei ventricoli continua a seguire normalmente quella degli atri;
- dissociazione incompleta della contrazione del ventricolo e dell’atrio, con assenza di contrazione ventricolare dopo alcune contrazioni atriali;
- dissociazione completa tra le contrazioni atriali e quelle ventricolari, che risultano rallentate.
Cause
Le forme acute si osservano essenzialmente nella fase iniziale dell’infarto del miocardio. Possono insorgere anche dopo un intervento cardiochirurgico, nel corso di una malattia infettiva (come l’endocardite batterica) o virale, o essere favorite da alcuni farmaci (anestetici locali, b-bloccanti, amiodarone). Le forme croniche sono spesso legate a una malattia degenerativa delle vie di conduzione elettrica in soggetti di età superiore a 60 anni. Tra le altre cause si annoverano miocardiopatie, cardiopatie valvolari, malformazioni congenite o il semplice blocco vagale degli sportivi (iperattività del sistema nervoso autonomo parasimpatico).
Sintomi e segni
Un blocco atrioventricolare può essere asintomatico o manifestarsi con una sincope e una sindrome di Adams-Stokes (accidente neurologico dovuto a una brusca diminuzione dell’irrorazione cerebrale), con rischio di recidiva e di morte improvvisa. L’insufficienza cardiaca è possibile in caso di dissociazione completa, cardiopatia soggiacente e importante rallentamento del ritmo cardiaco.
Diagnosi e trattamento
La diagnosi si basa sull’elettrocardiogramma, anche se la localizzazione precisa del blocco può rendere necessaria una registrazione del fascio di His (cioè di una registrazione endocavitaria dell’attività elettrica cardiaca con l’ausilio di una sonda introdotta nel cuore). Blocchi che non danno luogo a sintomi, o non comportano un rallentamento cardiaco di una certa entità, non richiedono trattamento. Il trattamento base delle forme acute consiste nella stimolazione extrasistolica temporanea mediante sonda intracardiaca, mentre quello dei blocchi cronici comporta l’impianto di uno stimolatore extracorporeo (pacemaker).
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