Omeopatia
Omeopatia
I precursori
L’omeopatia è una disciplina basata sul principio della similitudine: similia similibus curentur (il simile si curi con il simile). Questo principio era già conosciuto presso le civiltà babilonese, egizia e greca, che lo inserivano in una concezione magico-religiosa tesa a stabilire un legame tra la vita e la morte. È inoltre il fondamento delle antiche medicine indiana e cinese, basate sulla correlazione tra gli organi del corpo e i cinque elementi (per gli indiani, aria, acqua, fuoco, terra, etere; per i cinesi, legno, fuoco, terra, metallo, acqua). Solo con Ippocrate di Cos (458-370 a.C.), però, il principio della similitudine inizia a essere inteso in termini razionali anziché magico-religiosi: nel Corpus Ippocraticum si legge allora che “la malattia è prodotta dagli elementi simili e, somministrando i simili al paziente, egli ritorna dalla malattia alla salute, così ciò che produce la stranguria non vera cura la stranguria vera e la febbre è soppressa con ciò che la produce e prodotta con ciò che la sopprime”, mentre in Epidemie, un altro trattato attribuito a Ippocrate, l’autore parla dell’elleboro bianco come di una sostanza in grado di guarire un cholera morbus, ma anche di provocarlo, e afferma che “c’è un altro modo attraverso il quale si formano le malattie. A volte derivano da ciò che è loro simile e le stesse cose che hanno causato il male, lo guariscono”. In queste affermazioni si potrebbe ravvisare una sorta di “pre-omeopatia”, e tale ipotesi si rafforza qualora si consideri come l’ippocratismo sia basato su una concezione umorale della malattia, che cioè vede quest’ultima come una conseguenza dello squilibrio dei quattro umori del corpo (flemma, sangue, bile gialla e bile nera), correlati ai quattro elementi fondamentali postulati dal filosofo greco Empedocle (acqua, aria, fuoco e terra).
Sarà poi Galeno (130-200), medico dell’imperatore Marco Aurelio, a far discendere dalla concezione dei quattro elementi quella dei quatto temperamenti (flemmatico, sanguigno, bilioso, melanconico).
Galeno, cui è stata erroneamente attribuita la paternità del principio contraria contrariis curentur (i contrari si curino con i contrari), distingueva due categorie di rimedi: quelli santi, che riconducono gli umori all’armonia iniziale, e quelli aspri, che liberano il corpo (attraverso le evacuazioni) dall’eccesso degli umori; tramite l’esame dei sintomi, inoltre, Galeno si spinse a ricercare l’organo malato e in questo modo pose le basi per la medicina moderna.
Anche Paracelso, per la sua profondità di pensiero, può essere considerato un precursore dell’omeopatia: in pieno Rinascimento, egli scoprì una nuova correlazione tra l’uomo, la sua malattia e l’universo, e nel Paragrano (opera postuma edita a Francoforte nel 1565) scrisse che “la natura è la malattia stessa e perciò essa soltanto sa cosa è la malattia. Essa soltanto è la medicina, essa conosce le infermità dei malati”.
Benché il concetto di similitudine abbia accompagnato l’intera storia della medicina, l’omeopatia come disciplina vera e propria vedrà la luce solo alla fine del Settecento, grazie al medico tedesco Christian Friedrich Samuel Hanemann.