Metodo che permette di distruggere vari microrganismi (batteri, virus, funghi, parassiti) presenti su un supporto materiale. La sterilizzazione è indicata per qualunque materiale medico e chirurgico vada impiegato in condizioni di rigorosa asepsi: bendaggi, tamponi, strumenti per l’iniezione di farmaci, l’instillazione di colliri, l’incisione della cute ecc. A tal fine si impiegano metodi sia fisici (utilizzo del calore, secco o umido, nelle stufe o in autoclave, delle radiazioni ultraviolette, dei raggi g o di elettroni accelerati) sia chimici (applicazione di un prodotto chimico liquido o gassoso, come il formolo).
Questa procedura si distingue dalla disinfezione (per gli oggetti) e dall’antisepsi (per la pelle) perché agisce più in profondità: in seguito alla sterilizzazione, le probabilità di trovare un oggetto non sterile devono risultare pari a 1 su 1 milione. Un oggetto sottoposto a sterilizzazione, detto asettico o sterile, va collocato in una confezione a chiusura ermetica, che non lasci passare i microrganismi. Perché l’asepsi si mantenga il più a lungo possibile, dopo l’apertura della confezione sono necessarie determinate precauzioni: gli oggetti sterili vanno manipolati soltanto con guanti a loro volta sterilizzati; l’aria immessa nelle sale operatorie attraversa filtri a maglie molto fini, in grado di trattenere batteri e virus. Oggi l’impiego di siringhe, aghi e altri strumenti monouso, opportunamente trattati, dispensa dall’eseguirne ogni volta la sterilizzazione.