EVOLUZIONE E DISTURBI NEL BAMBINOLINGUAGGIO -Dai suoni alle frasi
Entro i 18-24 mesi il piccolo arricchisce il proprio vocabolario con una velocità variabile e con “semplificazioni” rispetto alle parole usate: i suoni sono prodotti con movimenti articolatori simili a quelli corretti e la lunghezza delle parole non supera le due sillabe. L’acquisizione di nuovi schemi motori rende meno precisi quelli precedentemente appresi, e apparentemente sembra che il piccolo pronunci con minore precisione suoni fino ad allora ben prodotti: di fatto applica schemi motori già noti a sequenze in corso di acquisizione e perfezionamento. Verso i tre anni la maggioranza dei bambini possiede l’intero repertorio fonetico che caratterizza il lessico italiano, anche se lo sviluppo fonologico è ancora incompleto, sia sul piano della coordinazione temporale degli schemi articolatori, sia sul piano della rappresentazione delle strutture sillabiche più complesse.
Le consonanti vengono distorte: il bambino, per esempio, usa consonanti sorde al posto di consonanti sonore e viceversa (per esempio “mako” per “mago” o “kabbia” per “gabbia”). Sono ancora frequenti occasionali errori con strutture sillabiche complesse in esordio o chiusura di parola: “grande” diventa “rande” (o “lande” o “gande”), “caldo” diventa “caddo”.
La produzione occasionale di consonanti più complesse (fricative, affricate, liquide), non è generalizzata a tutte le parole che le richiedono (sviluppo fonologico più lento).
In questo percorso grande importanza riveste la memoria a breve termine, che permette al piccolo di differenziare nuovi schemi articolatori, ricevendone la spinta verso la messa a punto di nuovi.
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