Fibrinolisi
Processo di distruzione fisiologica dei depositi di fibrina attraverso l’azione di un enzima, la plasmina (forma attiva del plasminogeno, proteina elaborata nel fegato).
La fibrinolisi, limitando la quantità di fibrina nel sangue, protegge l’individuo dal rischio di trombosi; in seguito alla cicatrizzazione di una ferita emorragica, provvede allo scioglimento del coagulo divenuto inutile, svolgendo un ruolo inverso e complementare a quello dei fattori della coagulazione. A volte, in presenza di una cirrosi o di un episodio di coagulazione endovascolare, la fibrinolisi può diventare eccessiva e provocare emorragie difficili da controllare. In altri casi può essere provocata a scopo terapeutico, con l’aiuto di farmaci fibrinolitici, al fine di sciogliere un coagulo o un trombo, per esempio nella fase acuta di un infarto miocardico o di un’embolia polmonare.
Prodotti della degradazione della fibrina e del fibrinogeno
La plasmina non solo dissolve la fibrina, ma è anche responsabile della degradazione del fibrinogeno. Tra i vari prodotti da questa risultanti, vi sono due frammenti proteici, chiamati D ed E, che hanno un valore diagnostico. Infatti, un aumento del loro tasso sanguigno indica una fibrinolisi patologica (per esempio dovuta a cirrosi). D’altra parte, il rilevamento del frammento D prodotto dalla degradazione della fibrina (il D-dimero) rivela una fibrinolisi associata a ipercoagulazione.
Il suo preciso dosaggio (per esempio con il metodo ELISA) può essere utile nell’individuazione di due patologie gravi, la tromboflebite profonda e l’embolia polmonare: valori contenuti del D-dimero consentono di scartare tale possibilità e rendono necessario procedere ad analisi più invasive.
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