Esofagoplastica
Tecnica chirurgica consistente nel ristabilire, quando l’esofago è ostruito o non è più funzionale, la continuità digestiva tra la faringe e gli organi digestivi sottoesofagei (stomaco o intestino), funzione normalmente assicurata dall’esofago stesso.
L’esofagoplastica consiste nel sostituire l’esofago dopo la sua ablazione (per tumore, lesioni da caustici o gravi processi infiammatori), oppure nell’escluderlo dal tragitto dal processo digestivo (bypass) quando l’asportazione è impossibile o controindicata. A questo fine, due sono gli organi utilizzabili: lo stomaco, che viene disteso sino a raggiungere il collo dopo avergli conferito una forma tubolare, o il colon, un segmento del quale viene trapiantato al posto dell’esofago.
L’abboccamento (anastomosi) superiore avviene sulla faringe o sulla parte alta dell’esofago, che viene conservata. A valle, quando per l’operazione si è utilizzato un segmento colico, l’anastomosi viene praticata sia sullo stomaco sia sull’intestino.
Complicanze ed effetti secondari
Il principale rischio dell’esofagoplastica è la cattiva cicatrizzazione delle suture, che si produce nel 10% dei casi. Per tutta la durata della cicatrizzazione, il malato viene nutrito per via endovenosa. Il ripristino del transito intestinale di norma ha luogo a partire dal quinto giorno dopo l’intervento. Il decorso postoperatorio varia da paziente a paziente: in generale, per qualche mese si deve evitare di mangiare in fretta o in quantità eccessive (facendo cinque-sei pasti al giorno). La prognosi dell’esofagoplastica dipende dalla malattia che ha reso necessaria l’ablazione dell’esofago.
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