Autotrasfusione
Iniezione endovenosa del proprio sangue, prelevato prima o nel corso di un intervento chirurgico; viene detta anche trasfusione autologa. Le prime autotrasfusioni risalgono agli anni ’60 del ’900, ma è stato il rischio di contrarre l’AIDS mediante trasfusione da un altro donatore a determinare, a partire dal 1987, un notevole aumento della domanda. L’autotrasfusione, infatti, riduce le probabilità di trasmettere al ricevente sangue infetto (virus dell’AIDS e dell’epatite, agenti della malaria e della sifilide) e il rischio di inconvenienti trasfusionali dovuti all’incompatibilità del gruppo sanguigno. Essa non può tuttavia essere impiegata in caso di anemia grave e se il paziente è in un cattivo stato generale. Le principali tecniche di autotrasfusione sono tre.
Autotrasfusione differita È praticata nel mese che precede l’intervento. Vengono effettuati, a una settimana di distanza, due-quattro prelievi di circa 400 ml di sangue ciascuno. Il sangue, opportunamente preparato e conservato, viene ritrasfuso durante l’intervento, oppure nelle ore o nei giorni seguenti.
Recupero perioperatorio È praticato solo durante determinati tipi di intervento. Il sangue perduto viene recuperato mediante specifiche macchine, filtrato e ritrasfuso al paziente. Questa tecnica può essere associata alla precedente.
Emodiluizione preoperatoria Può essere associata alle tecniche precedenti; consiste nel prelevare due o tre unità di sangue (400 ml) 24-48 ore prima dell’intervento. Tali unità verranno sostituite con un liquido meno denso, al fine di conservare il volume di sangue totale del paziente.
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