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Pronto Soccorso: cosa fare e dove andare al tempo del Coronavirus

Per timore del contagio da Covid-19 le persone non vanno in ospedale neanche se si presentano disturbi che richiedono cure tempestive. Può essere un grave errore. Ecco cosa fare

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Più della metà delle persone che ieri andavano al Pronto Soccorso oggi non ci va più. «Coloro che affollavano le sale d’attesa senza avere una reale emergenza, in tempi di Coronavirus sono spariti. Ma anche chi ha una vera necessità di salute tende a rimandare la visita per il timore del contagio o di finire in una scena di guerra. Ed è un errore grave», commenta Daniele Coen, medico d’urgenza già responsabile del Pronto Soccorso dell’Ospedale Niguarda di Milano. Infarti, ictus e traumi ma anche coliche renali o attacchi di appendicite richiedono interventi tempestivi ed è bene sapere cosa bisogna fare.


Che cosa sono gli Hub

I decreti dell’emergenza hanno costituito dei Centri dedicati al Coronavirus, destinando altri alle patologie non virali, i cosiddetti Hub. Al momento in cui scriviamo il Policlinico di Milano è dedicato prevalentemente al Coronavirus, perché gli Hub del cuore (dove il 112 e il 118 mandano molte delle sospette emergenze cardiache) si sono concentrati in ospedali come il Monzino e San Donato.

«I pazienti acuti con infarto, aritmie e arresti cardiaci vengono portati negli Hub scelti dalla Regione Lombardia», spiega Roberto Meazza, responsabile del Centro ipertensione del Policlinico. «O in quelli ortopedici se subiscono un trauma, come il Galeazzi e il Pini di Milano», spiega Stefano Respizzi, responsabile della medicina riabilitativa di Humanitas. «Noi e altri dipartimenti traumatologici siamo ora più dedicati all’emergenza Covid. Rimaniamo però Hub per l’ictus, la cui incidenza non è in calo». È il 118, spesso tramite il filtro del 112, che decide a quale Hub va trasportato il malato per vicinanza e specializzazione nelle cure. Altre istituzioni territoriali sono invece diventate quelli che vengono ormai chiamati “ospedali Covid”.


Il trasporto in ambulanza è più sicuro della propria auto

In questo periodo non poche persone decidono di usare il proprio mezzo per andare nell’ospedale che conoscono, al fine di evitare ritardi e sale d’attesa affollate. «È vero che in questo periodo le ambulanze possono avere tempi di risposta più lunghi del normale», commenta Coen. «Ma è anche vero che per alcune situazioni il trasporto in ambulanza è più sicuro, e che il 118 può meglio indirizzare i casi più urgenti. Anche il rischio nelle sale d’attesa è minore di quanto si tema, perché tutti i Pronto Soccorso hanno separato il percorso dei pazienti con disturbi respiratori da quello per i traumi, i problemi cardiologici o neurologici e tutto quello che, nonostante il virus, deve ancora poter trovare una risposta tempestiva».

Ma affidarsi al 112 e al 118 per il trasporto in caso di emergenza ha altre motivazioni importanti. «Al Pronto Soccorso arrivano persone con i propri mezzi che hanno un infarto in atto (con il classico dolore al petto), ma sono pazienti che corrono un rischio altissimo», sottolinea Meazza. «Dovrebbero chiamare il 112, perché le ambulanze che soccorrono i sospetti infarti e ictus hanno a bordo elettrocardiogramma e defibrillatore, i quali potrebbero dover essere usati durante il tragitto. Sono minuti preziosi che salvano vite che invece possono andare perdute se si fa da soli per arrivare “prima”. Piuttosto, nell’attesa del soccorso, meglio prendere un’aspirina, che fluidifica il sangue: il dosaggio giusto è 300 mg». Idem se si tratta di un trauma. «Gli incidenti stradali e gli infortuni sul lavoro sono diminuiti, ma i traumi casalinghi sono rimasti costanti», spiega Respizzi. «Femori rotti e cadute gravi richiedono l’ambulanza. Ma anche quando il trauma consente un trasporto privato il paziente deve essere sicuro di andare nell’Hub giusto: meglio sentire prima il medico di base o lo specialista.


Per le urgenze cardiache l'intervento è rapido

Un timore diffuso: l’ambulanza ci mette troppo. «I tempi si sono allungati mediamente sui pazienti con problemi respiratori, non per le urgenze cardiache», assicura Meazza. «Ma il loro rischio non è di morte imminente come per l’infarto, che meno tempo passa dal soccorso più si alza la soglia di sopravvivenza».

«I tempi di intervento in certi casi sono arrivati a triplicarsi», commenta Fabrizio Pregliasco, virologo e presidente dell’Anpas, Associazione nazionale pubbliche assistenze. «Il problema è dovuto anche al fatto che tutte le ambulanze che trasportano sospetti contagiati devono poi fermarsi per essere sanificate. Ma il 112, che poi rimanda alla Centrale 118, fa subito una selezione delle urgenze».


Ictus: i 6 sintomi da non sottovalutare

L’Associazione per la lotta all’ictus cerebrale, proprio per evitare di perdere tempo prezioso in caso di ictus, segnala i 6 sintomi da non sottovalutare:

  • Non riuscire a muovere o muovere con minor forza un braccio o una gamba o entrambi gli arti dello stesso lato del corpo
  • Avere la bocca storta
  • Non riuscire a vedere bene metà o parte degli oggetti
  • Non essere in grado di coordinare i movimenti o di stare in equilibrio
  • Non comprendere o non articolare bene le parole
  • Essere colpiti da un violento e ben localizzato mal di testa, diverso dal solito disturbo periodico


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Articolo pubblicato sul n. 16 di Starbene, in edicola e in digitale dal 31 marzo 2020


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