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Infertilità di coppia: cause e cure

L’infertilità, ovvero l’incapacità di ottenere una gravidanza, colpisce circa il 15% delle coppie. L’esperto spiega cause e rimedi di questa condizione

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di Margherita Monfroni


Quando una coppia non riesce a concepire nonostante intrattenga regolarmente (ovvero ogni due o tre giorni) dei rapporti sessuali non protetti, allora si parla di infertilità di coppia.

Il dottor Vito Cela, ginecologo e esperto di PMA della Casa di Cura San Rossore di Pisa, ci aiuta a far luce su alcune questioni legate a questa tematica così complessa e delicata.


Che differenza c’è tra infertilità e sterilità?

Secondo la World Health Organization e la International Federation of Gynecology and Obstetrics, l'infertilità è “l'incapacità di concepire dopo due anni di rapporti non protetti”, mentre secondo la American Fertility Society “dopo un anno di rapporti non protetti”. Se una coppia ha già avuto figli ma non riesce ad averne altri, si dice affetta da infertilità secondaria.

Complessivamente, l’infertilità riguarda circa il 15% delle coppie. Le cause dell’infertilità sono numerose; per alcune di esse, si può intervenire con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate, ma anche e, soprattutto, con la prevenzione e l’informazione; per altre, è necessario ricorrere alla procreazione medicalmente assistita

La sterilità riguarda invece le coppie affette da una precisa patologia irreversibile o che restano non fertili anche dopo un iter diagnostico e terapeutico esauriente. Quando la sterilità è una condizione permanente, bisogna rivolgersi alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. La sterilità può essere attribuita al partner maschile, al partner femminile o ad entrambi; spesso non è possibile identificare una causa certa. Le cause principali di sterilità sono: età, dispermie e le patologie del partner maschile, miomi uterini, endometriosi, la sindrome dell'ovaio policistico e le malattie sessualmente trasmesse.


Quali possono essere le cause dell’infertilità femminile? E quali invece dell’infertilità maschile?

Dai dati raccolti dal Registro Nazionale Italiano sulla procreazione medicalmente assistita, si evince che l'infertilità può essere di origine maschile nel 29,3% dei casi, di origine femminile nel 37,1%, maschile e femminile nel 17,6%, idiopatica (ndr. cioè senza causa apparente) nel 15,1% e da fattore genetico nello 0,9% dei casi.

Un ruolo cruciale è sicuramente svolto dai fattori psicosociali dovuti a fenomeni complessi come lo stile di vita, la ricerca del primo figlio in età tardiva, l’uso di droghe, l’abuso di alcol, il fumo, le condizioni lavorative e l’inquinamento.

Per quanto riguarda l'infertilità femminile, l'età è certamente il fattore principale: oggigiorno, per ragioni socio-economiche, di carriera o altro, le donne fanno figli sempre più tardi (l'età media attuale per il primo figlio in Italia è circa 30 anni). Il periodo più fertile per una donna è da considerarsi tra i 20 e i 25 anni ma resta abbastanza alto fino ai 35, mentre subisce un considerevole calo dai 35 ai 40 anni ed è bassissimo oltre i 40.

Con l’età, infatti, si assiste ad un deterioramento progressivo della funzione ovarica e della qualità dei gameti femminili, ovvero gli ovociti. L’invecchiamento degli ovociti è quindi un fattore di sterilità particolarmente rilevante. Attorno ai 37 anni vi è un’accelerazione della perdita follicolare e contemporaneamente si assiste ad un aumento del numero di anomalie cromosomiche e di aborti spontanei.

Con l'avanzare dell’età, inoltre, aumenta il rischio di malattie connesse all'infertilità-sterilità, tra cui le malattie infiammatorie pelviche (PID), le patologie tubariche, lo sviluppo di fibromi uterini, l’endometriosi e le malattie sistemiche quali diabete di tipo II e patologia tiroidea.  

Nello specifico, i fibromi uterini hanno un’incidenza attorno al 25% nella popolazione mondiale; da soli sono una causa infrequente di sterilità (1-3%) mentre senza dubbio sono associati ad un maggior rischio di aborto.

Per quanto riguarda la PID, una delle cause principali è l'infezione da chlamydia tracomatis che, essendo spesso sintomatica, va diagnosticata e curata tempestivamente. La sterilità dopo PID nella maggior parte dei casi è dovuta ad occlusione tubarica. 

L'endometriosi, invece, colpisce il 6-10% della popolazione generale e si associa a dolore pelvico cronico e sterilità; dal 25% al 50% delle donne infertili ha endometriosi e nel 30% al 50% delle donne con diagnosi di endometriosi c'è infertilità.

La prevalenza della sindrome dell'ovaio policistico nella popolazione sterile, poi, è valutata tra il 4% e il 12% delle donne in età riproduttiva. Inoltre, con il passare degli anni aumenta anche l'esposizione a tossine ambientali (come metalli pesanti, solventi e pesticidi) che peggiorano l'infertilità. Un fattore importantissimo è il fumo, che influenza negativamente la riserva ovarica, tanto che la menopausa sembra sopraggiungere da un anno a quattro anni prima nelle donne fumatrici rispetto alle non fumatrici. 

Per quanto riguarda l'infertilità maschile, invece, si può sicuramente affermare che il fattore età interferisce meno rispetto alla donna. Sono tre i tipi di fattori potenzialmente capaci di influenzare la produzione spermatica nell'uomo: fattori ambientali, genetici e psicosociali.

Tra i fattori ambientali sicuramente rientrano l'esposizione ad agenti inquinanti come metalli, l'esposizione al calore, le radiazioni e il fumo, che determinano un deterioramento della qualità e della quantità dello sperma.

Le cause che hanno una rilevanza strettamente medica sono tutte le patologie in grado di alterare la struttura e la funzione del testicolo o del pene, tra le quali il criptorchidismo, l'ipospadia e il varicocele. Anche il tumore al testicolo è da considerarsi come possibile causa di infertilità maschile, una condizione spesso legata alle conseguenze del trattamento chemioterapico e/o radioterapico utilizzato.

Tra le cause di infertilità e sterilità, poi, sono presenti anche fattori genetici, come ad esempio un'alterazione sul braccio lungo del cromosoma Y, che porta ad un aumentato rischio di oligozoospermia (ndr. ovvero di una scarsità del numero di spermatozoi nello sperma).

L’infertilità maschile, infine, riconosce sicuramente una grossa componente sociale: su di essa infatti sembrano influire anche le condizioni ambientali e lo stile di vita, incluso lo stress.


Quali sono i trattamenti disponibili per l’infertilità?

Per il trattamento dell’infertilità è opportuno che le coppie si rivolgano a centri di procreazione medicalmente assistita. Questi ultimi sono organizzati per garantire un’assistenza completa alle coppie infertili in cerca di una gravidanza.

La coppia esegue accertamenti personalizzati e, una volta terminati, nei casi in cui viene riconosciuta una causa precisa, si cerca di intervenire nella maniera adeguata per curare tale causa.

A seconda della problematica alla base dell’infertilità, vengono quindi stabilite le modalità̀ e i tempi delle procedure, che possono essere: risoluzione tramite terapie mediche o chirurgiche della causa con successivo tentativo di ricerca spontanea della gravidanza, procedure in vivo (Inseminazione Intrauterina) oppure procedure in vitro (FIVET/ICSI).

Nei casi di fattori maschili gravi può essere necessario un prelievo chirurgico degli spermatozoi. Nel caso di procedure in vitro, è previsto un prelievo dell’ovocita e un successivo trasferimento embrionario ecoguidato.

Le probabilità di riuscita delle metodiche per ogni tentativo effettuato sono circa il 10% nel caso di Inseminazione Intrauterina e circa il 30% nel caso di fecondazione in vitro.

Per ovviare alle possibili future difficoltà riproduttive nelle donne o negli uomini affetti da tumori o patologie che determinano una progressiva diminuzione dei gameti, in alcuni centri è possibile inoltre raccogliere e crioconservare il tessuto ovarico, gli ovociti o gli spermatozoi prima di interventi o terapie a rischio.