di Ida Macchi
La Commissione europea per i medicinali ha dato il via libera alla commercializzazione in Europa dell’edoxaban (Lixiana), un nuovo anticoagulante orale che, con una sola somministrazione giornaliera, rende le cure più semplici e agevoli. Questa classe di farmaci richiede comunque qualche cautela nell’assunzione perché non è priva di effetti collaterali. Per fare chiarezza abbiamo chiesto aiuto al dottor Andrea Di Lenarda, direttore del Centro cardiovascolare dell’Ospedale Maggiore di Trieste e presidente dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri.
1. COME FUNZIONANO GLI ANTICOAGULANTI E QUANDO SI UTILIZZANO?
«Gli anticoagulanti modificano i meccanismi della coagulazione e, rendendo il sangue più “fluido”, riducono il rischio di formazione di coaguli (trombi) all’interno di vene e arterie. Questi “tappi” possono ostruire la normale circolazione e liberare pericolosi frammenti (emboli), che attraverso il flusso sanguigno raggiungono organi vitali come il cervello o i polmoni, causando gravi effetti sulla salute», spiega il cardiologo. «Sono perciò indicati per prevenire gli ictus in chi soffre di fibrillazione atriale: questo disturbo del ritmo del cuore aumenta in media di ben 5 volte la formazione di emboli che hanno come bersaglio il cervello. Inoltre sono utili per prevenire le recidive in chi ha avuto episodi di trombosi venosa profonda o di embolia polmonare».
2. ESISTONO MOLECOLE DI TIPO DIVERSO?
Sì, ci sono gli anticoagulanti di vecchia generazione e soluzioni più moderne, i cosiddetti NAO (nuovi anticoagulanti orali). «I primi sono molecole come il warfarin e l’acenocumarolo. Il loro effetto va monitorato con esami del sangue, il dosaggio dell’INR (acronimo di International Normalized Ratio, il cui valore deve mantenersi tra 2 e 3).
Il test, all’inizio della terapia va eseguito almeno due volte alla settimana, aggiustando eventualmente la posologia, che va sempre personalizzata. La loro finestra d’efficacia è piuttosto stretta e, se il dosaggio è insufficiente e l’INR si abbassa, rischiano di essere inefficaci. Quando invece è eccessivo risultano troppo “potenti”, facilitando sanguinamenti ed emorragie», mette in guardia DI Lenarda. «I cosiddetti NAO, invece, sono molecole che agiscono in modo diretto su precisi fattori che regolano la coagulazione. Il loro utilizzo non va controllato con i test del sangue perché, assumendoli in dose standard, garantiscono efficacia e sicurezza: il rischio di emorragie è ridotto, così come la possibilità che l’effetto del farmaco sia troppo blando», chiarisce l’esperto.
3. GLI ANTICOAGULANTI POSSONO ESSERE ASSUNTI CON ALTRE MEDICINE?
«Sì, ma quelli di vecchia generazione vanno abbinati con molta cautela, soprattutto se è necessario prenderli con farmaci antiaggreganti e antinfiammatori (come l’aspirina), che ne potenziano gli effetti. In questo caso i dosaggi dell’INR devono essere più ravvicinati e, se dovessero comparire dolori occasionali, è meglio orientarsi su preparati a base di paracetamolo, tramadolo o simili, che non riservano brutte sorprese», suggerisce Di Lenarda. «Inoltre, gli anticoagulanti di prima generazione non vanno combinati con diversi antibiotici, alcuni farmaci per l’apparato cardiovascolare ed antipilettici, che possono modificarne l’effetto. La lista delle possibili interferenze è molto lunga e per questo, nei casi dubbi, è sempre meglio consultare il proprio medico prima di creare mix a rischio», consiglia il cardiologo.
«Molto meno frequente è, invece, la probabilità di avere problemi di questo tipo con i nuovi anticoagulanti, sostanzialmente limitata a pochi farmaci inibitori della glicoproteina P come verapamil, chinidina, dronedarone, ciclosporina, eritromicina, ketoconazolo», spiega l’esperto. «Infine, qualsiasi sia l’anticoagulante prescelto, è meglio evitare farmaci per via intramuscolare: il sangue non coagula e le iniezioni possono creare ematomi profondi, molto fastidiosi», specifica Di Lenarda. Nessuna preclusione, invece, alle vaccinazioni perché vengono iniettate sottocute e non provocano effetti indesiderati.
4. QUALI ALTRE ACCORTEZZE SEGUIRE?
«Se si assumono warfarin e acenocumarolo, è consigliabile consumare a dosi non eccessive broccoli, cavoletti, cavolo cappuccio, spinaci, cime di rapa, germogli, lattuga o insalata verde. Sono fonte di vitamina K e, se si esagera, possono interagire con l’azione delle molecole anticoagulanti», spiega Di Lenarda. «Al contrario, un’assunzione in quantità limitate ma regolare è possibile, aggiustando conseguentemente il dosaggio delle due molecole».
Nessuna limitazione a tavola, invece, se si assumono rimedi di ultima generazione. «Attenzione, invece, ai piccoli traumi che possono provocare sanguinamenti: in chi prende anticoagulanti (vecchi o nuovi) sono più abbondanti perché i meccanismi della coagulazione sono ridotti», sottolinea De Lenarda. Quindi, se si ha una perdita di sangue importante, o si è vittime di un infortunio serio, è bene andare al pronto soccorso: qui possono fermare il sanguinamento, somministrare della vitamina K che blocca l’azione dell’anticoagulante, effettuare delle trasfusioni con derivati del sangue e fattori coagulanti ed escludere, con indagini più approfondite, se necessarie, emorragie interne.
5. È POSSIBILE SOSPENDERE LE CURE?
No, se la condizione di rischio rimane inalterata nel tempo (come la fibrillazione atriale permanente o recidivante). «Si tratta di terapie da continuare “a vita”. Inoltre, è importante assumere gli anticoagulanti orali seguendo i dosaggi prescritti, evitando dimenticanze, proprio per evitare che perdano efficacia. Oggi, per riuscirci un aiuto in più arriva dalla tecnologia, e sono le app che funzionano da promemoria farmaci: per iPhone e Android, inviano un messaggio quando è il momento di assumere la pastiglia, ripetendolo ogni mezz’ora finché il farmaco non è stato assunto. Anzi, alcune permettono di visualizzare in diretta anche il proprio piano terapeutico e di registrare e aggiornare i valori dell’INR del sangue.
Articolo pubblicato sul n° 33 di Starbene in edicola dal 2 agosto 2016