Ureteroscopia
Introduzione nell’uretere di un endoscopio (tubo munito di un sistema ottico in cui è possibile inserire strumenti chirurgici).
Indicazioni e controindicazioni Talvolta l’ureteroscopia trova impiego a fini diagnostici (poiché permette di osservare la mucosa ureterale ed evidenziare la presenza di eventuali tumori), ma il suo utilizzo principale è l’estrazione o la frantumazione localizzata dei calcoli dell’uretere. Essendo controindicata in caso di infezione urinaria, deve essere preceduta, a titolo di verifica, da un esame citobatteriologico delle urine.
Svolgimento e tecnica
L’ureteroscopia, che richiede una permanenza in ospedale di 3-4 giorni, viene realizzata in anestesia generale, con l’ausilio di un endoscopio rigido o flessibile, introdotto nella vescica passando per l’uretra e poi guidato sino all’uretere. Di solito è necessario dilatare preventivamente il meato uretrale e l’uretere. Per asportare i calcoli ci si avvale di varie tecniche: estrazione con cestello di Dormia (costituito da maglie che imprigionano il calcolo, il quale viene quindi estratto insieme con lo strumento); frantumazione per mezzo di una sonda a ultrasuoni o elettroidraulica, oppure con il laser.
Nella maggior parte dei casi l’intervento si conclude con l’inserimento di una sonda ureterale interna, che verrà tolta dopo 2-3 settimane, senza anestesia nella donna, in anestesia generale nell’uomo.
Effetti secondari e complicanze
Nelle ore che seguono l’intervento il paziente può avvertire il bisogno di urinare con particolare frequenza, oltre a lamentare dolore alla minzione. Le principali complicanze sono la stenosi cicatriziale dell’uretere e la persistenza di un frammento di calcolo, all’origine di coliche o infezioni renali ripetute.
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