Trapianto di fegato
Trapianto di tutto il fegato o di una sua parte da un donatore a un malato ricevente. Realizzato per la prima volta nell’uomo nel 1963, per mano del chirurgo statunitense Thomas Starzl, il trapianto di fegato viene praticato in caso di malattia epatica congenita o cirrosi; altre indicazioni potenziali, quali i tumori epatici, sono poco pertinenti. Il fegato del malato viene asportato per essere sostituito da quello di una persona deceduta. Nel bambino si può eseguire, per motivi di dimensioni, un trapianto parziale (si trapianta soltanto una parte del fegato di un adulto, che sarebbe troppo voluminoso).
Attualmente, lo scarso numero di organi disponibili per il trapianto sta portando a valutare nuove soluzioni, per esempio il trapianto condiviso (due malati ricevono ciascuno una parte di un fegato) o il prelievo di un frammento di fegato in un donatore vivente; lo sviluppo di nuove tecniche che permettano di evitare il rigetto potrebbe consentire in futuro di realizzare eterotrapianti (fegato proveniente da un animale). La mortalità operatoria è oggi del 5-10% circa; la percentuale di sopravvivenza a 2 anni è di circa il 70%. Nei primi 6 mesi il soggetto è più esposto al rischio di complicanze. Sono indispensabili il trattamento immunosoppressore e controlli regolari per tutta la vita.
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