Uomini e animali tra sport e salute

Grazie ad una cardiofrequenzimetro applicato a uomini e animali, Terrie Williams ha raccolto dei dati curiosi sul legame tra sport e salute del cuore



Da oltre trent’anni, Terrie Williams, professoressa di Ecologia e Biologia evolutiva presso l’Università della California, studia la fisiologia degli animali selvatici come leoni, puma, delfini, balene e coyote. Ed anche di qualche atleta umano.

Dopo aver utilizzato un cardiofrequenzimetro per misurare le prestazioni fisiche di diversi animali e di alcuni praticanti di surf estremo, l’esperta è stata in grado di fornire una prospettiva unica sul rapporto tra attività fisica e salute cardiaca, presentata poi all’interno di un articolo intitolato "Cuore in salute: lezioni dei migliori atleti in Natura", pubblicato sulla rivista Physiology.

Ecco sei dati decisamente curiosi raccolti dalla studiosa nel corso delle sue osservazioni.


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Uno dei più alti e prolungati livelli di frequenza cardiaca mai registrati, ha riguardato un surfista di big-waves mentre cavalcava le mostruose onde di Mavericks, il famoso sito al largo della costa nord della California dove si addentrano solamente alcuni dei più grandi surfisti di onde giganti.

Nello specifico, il dispositivo ha registrato 180 battiti al minuto per tre ore, con punte di 200 battiti al minuto durante il surf sull’onda.

Cani e gatti sono “opposti” anche quando si parla di capacità aerobica e frequenza cardiaca massima: se i primi, esattamente come gli uomini, sono adatti per l'esercizio fisico di resistenza (ovvero il prolungato inseguimento delle prede), i gatti dispongono di una struttura che permette loro di effettuare degli scatti di velocità con cui portare a termine il rapido ed esplosivo attacco “saltato”.

Questa differenza peraltro si rispecchia anche nelle dimensioni del cuore rispetto alla massa corporea totale: i cani, così come gli uomini, dispongono infatti di cuori proporzionalmente più grandi rispetto ai felini.

Le malattie cardiovascolari sono estremamente rare negli animali selvatici, ma sono la principale causa di morte, a livello mondiale, per gli esseri umani.

Ci sono molte spiegazioni plausibili per giustificare questo dato, ma un fattore spicca sopra tutti gli altri, ovvero la differenza nella quantità di attività quotidiane svolte: «noi umani non diamo ai nostri cuori la possibilità di essere molto attivi durante il giorno» ha infatti commentato la dottoressa Williams.

La risposta dei mammiferi ad un’immersione in acqua (attivata automaticamente dal contatto dell’acqua fredda con il volto) comporta un immediato rallentamento della frequenza cardiaca ed una subitanea costrizione dei vasi sanguigni periferici, due fattori che permettono di massimizzare i livelli di sangue e ossigeno all’interno del corpo.

La risposta dei mammiferi all’esercizio fisico invece ha l'effetto opposto, dal momento che aumenta la frequenza cardiaca ed il metabolismo.

Così, i mammiferi marini che cacciano in profondità, nelle acque fredde, devono bilanciare esigenze cardiovascolari opposte, tanto da arrivare, come ha scoperto la dottoressa Williams, a sperimentare degli episodi di aritmia cardiaca durante le immersioni.

La frequenza cardiaca può essere razionalmente controllata non solo attraverso la meditazione e le tecniche di rilassamento dello yoga: un’otaria della California, ovvero un leone marino che vive lungo le coste del Pacifico del Nord, è stata infatti addestrata ad abbassare la frequenza cardiaca a comando, mentre era seduta fuori dall’acqua.

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