Gambe stanche e pesanti, soprattutto la sera. Un italiano su due si rivolge al medico curante per lamentare disagio agli arti inferiori, causato solitamente da un difetto di circolazione, che porta alle vene varicose e che può essere legato a genetica, età, sesso (le donne ne sono più colpite rispetto agli uomini), sovrappeso, cambiamenti ormonali e numerose abitudini di vita, come scarsa attività fisica o professioni che costringono a stazionare per molto tempo in piedi oppure seduti.
«In condizioni di normalità, le vene riportano il sangue dai tessuti verso il cuore grazie a una forza contraria a quella di gravità, esercitata principalmente dal cuore e dalla pompa muscolare. Per dirigere il flusso verso l’alto, sono provviste di valvole che lavorano come un sistema di sbarramento: si aprono per consentire il passaggio del sangue verso l’alto e poi si chiudono per impedirgli di tornare indietro», spiega il dottor Alberto Settembrini, chirurgo vascolare presso il Policlinico di Milano. «Se qualcosa ostacola questo percorso fisiologico, le vene diventano incontinenti, cioè le valvole al loro interno non sono più in grado di consentire una completa chiusura e si creano quindi dei ristagni di sangue nelle parti più declivi del corpo, a partire da piedi e caviglie». A quel punto compaiono i classici sintomi delle cosidette vene varicose, ovvero la malattia venosa cronica, come senso di pesantezza, formicolio, bruciore, prurito e gonfiore (noto anche come edema), che va sempre indagato dal medico per escludere altre cause, come un problema cardiaco o renale.
Le varici o vene varicose non sono solo un inestetismo
«Progressivamente, le vene perdono il loro tono, si sfiancano e si dilatano, portando alla formazione di varici o vene varicose che talvolta possono formare una sorta di cordoncino rosso-bluastro dall’aspetto tortuoso e visibile anche all’esterno», avverte Settembrini. «Ma quando si parla di vene varicose non si tratta solamente di un problema estetico. Se non opportunamente trattate, infatti, le varici rischiano di evolvere verso diverse complicanze: sulla pelle ad esempio possono comparire chiazze scure e desquamanti, ma anche ulcerazioni dolorose, che hanno una guarigione lenta e presentano un elevato rischio di infezione, ma il pericolo più grave è sicuramente la formazione di un coagulodi sangue, detto trombo, che ostruisce la vena e provoca un’infiammazione della vena determinando una tromboflebite».
Se quella superficiale può essere dolorosa ma ha quasi sempre un’evoluzione benigna, quando interessa le vene profonde (iliaca, femorale superficiale, poplitea e femorale profonda) il rischio sta nella maggiore possibilità che il trombo si rompa, entri nel circolo sanguigno e raggiunga le arterie polmonari, causando un’embolia.
Che cosa fare per prevenire le varici
Quando il disagio è persistente, serve una visita angiologica: lo specialista esamina le gambe, sia anteriormente sia posteriormente, e “palpa” le vene per verificare la presenza di vasodilatazioni nella microcircolazione. Utile è anche l’ecocolordoppler venoso degli arti inferiori, che utilizza una sonda a ultrasuoni – simile a quella di un qualunque ecografo – in grado di analizzare il flusso ematico, la sua velocità, la direzione e l’eventuale presenza di reflusso patologico, oltre che di rivelare eventuali complicanze correlate con la patologia venosa.
«Nell’80- 90 per cento dei casi, la prima terapia che viene prescritta per contrastare le varici consiste nelle calze a compressione graduata, fondamentali per prevenire l’evoluzione degenerativa della malattia», osserva il dottor Settembrini. Si tratta di calze dove la massima pressione viene esercitata alla caviglia per poi diminuire man mano che si sale verso la coscia, favorendo la risalita del sangue verso l’alto. «Sulla confezione è indicata la pressione esercitata, espressa in millimetri di mercurio, mmHg, da non confondere con i denari, che invece misurano il peso del filato.
Per non sbagliare, è bene affidarsi ai consigli dell’angiologo, che tra l’altro indicherà anche il modello più idoneo, ovvero gambaletto, autoreggente, collant o mono-collant, a seconda del problema».
Come si curano le vene varicose
In aiuto possono venire anche alcuni integratori, soprattutto quelli che contengono una frazione flavonoica purificata micronizzata che aiutano a contenere lo sfiancamento delle vene. «Teniamo conto che l’ereditarietà gioca un ruolo importante, perché le varici sono dovute a una debolezza congenita dei tessuti connettivi, che si manifesta soprattutto dai 40-50 anni in poi. Dunque, chi ha genitori o nonni con vene varicose non deve mai scordare le classiche regole d’oro per mantenere in salute le gambe sin da giovanissimi».
Parliamo di praticare ogni giorno una moderata attività sportiva (ottima è la camminata a passo svelto), evitare di stare in piedi o seduti per molto tempo (se la postura non può essere evitata, eseguire di tanto in tanto piccoli movimenti di sollevamento dei talloni o brevi tratti di cammino in punta di piedi), tenere sotto controllo il peso corporeo, prestare attenzione all’abbigliamento (evitando indumenti troppo stretti sugli arti inferiori o sull’addome), privilegiare i cibi che aiutano il microcircolo venoso (in generale frutta e verdura, ma soprattutto mirtilli, uva, ananas e banane), non esporsi a fonti di calore diretto (stufe, termosifoni, termocoperte, saune, sabbiature, depilazioni con cerette calde) e sopraelevare le gambe durante il riposo notturno (di circa 15-20 centimetri rispetto al cuore, alzando la base del letto).
Ma tanti altri consigli utili sono disponibili alla pagina facebook realizzata con il contributo di Servier Italia per diffondere una corretta informazione sull’insufficienza venosa cronica e sulla malattia emorroidaria.
Quando serve l’intervento
Talvolta, la terapia compressiva, gli integratori e le strategie comportamentali non bastano, per cui si può valutare la chirurgia. Negli ultimi anni, il trattamento ablativo con radiofrequenza o laser, dove la vena varicosa viene de-funzionalizzata (cioè privata delle sue funzioni) attraverso la sua chiusura, ha soppiantato il trattamento tradizionale chirurgico dello stripping, in cui la vena viene asportata.
«Oggi è disponibile una tecnica innovativa che permette di “incollare” le pareti della vena attraverso l’inserimento di una sostanza simile a una colla, il cianoacrilato», racconta il dottor Settembrini.
«Ma nessun intervento è veramente risolutivo: la causa che ha determinato le varici, cioè l’insufficienza venosa, non viene eliminata dall’intervento chirurgico perché è una patologia cronica, che nel tempo può agire su altre vene, facendole ammalare. In altre parole, ci si può curare, ma non si può guarire. Ecco perché dopo l’operazione continua a essere fondamentale l’elastocompressione, così come il mantenimento di un corretto stile di vita».
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