Il nome sembra derivare dal latino vitulus, cioè vitello, in riferimento al manto pezzato tipico di alcune razze bovine. E in effetti la vitiligine è caratterizzata proprio dalla presenza sulla pelle di macchie completamente bianche (amelanotiche) o comunque più chiare rispetto al normale colore della cute (ipomelanotiche), dovute alla distruzione dei melanociti, le cellule incaricate di produrre melanina. «Trattandosi del nostro “confine” tra mondo interno ed esterno, la pelle condiziona tutta la nostra vita, anche dal punto di vista psicologico, perché ci mostra agli altri, ci presenta, ci racconta», spiega il dottor Claudio Comacchi, specialista in Dermatologia e Venereologia. «In tal senso, la vitiligine può compromettere la capacità di relazionarsi con gli altri, perché i pazienti tendono ad annullarsi, a nascondersi, a rinunciare alla convivialità». Ecco perché il peso della malattia si avverte soprattutto d’estate, quando è normale scoprirsi per stare più freschi e aumentano le occasioni sociali (come il soggiorno al mare oppure il bagno in piscina), che espongono le macchie alla vista altrui.
Quali sono le parti del corpo più colpite
Generalmente, le chiazze tendono a presentarsi su mani, volto, gomiti, ginocchia e aree genitali, ma nelle situazioni più estese possono interessare anche il resto del corpo. «La maggiore o minore estensione può dipendere dalla causa scatenante, che va sempre valutata», raccomanda l’esperto.
C’è anche chi sostiene che mangiare alcuni cibi possa peggiorare, o al contrario migliorare, la malattia: «In realtà non esiste un chiaro legame con l’alimentazione, anche se ovviamente eliminare i cibi più infiammanti, come latte, latticini o carne rossa, potrebbe aiutare, ma sempre nell’ambito di un piano terapeutico più ampio, che prenda in considerazione il paziente a 360 gradi e non per “compartimenti” separati».
Più chiaro invece è il legame con i cambi stagionali, visto che nel 97% dei casi le macchie compaiono o peggiorano nel periodo primaverile, come altre patologie cutanee: si presume che la maggiore presenza di allergeni nell’aria possa stimolare il sistema immunitario, che spesso nei pazienti con vitiligine è più reattivo.
Quali sono le cause della vitiligine
La vitiligine è un disturbo piuttosto comune, che colpisce circa l’1-2% della popolazione mondiale e può presentarsi a qualsiasi età, seppure la maggiore incidenza si riscontri nel periodo dell’adolescenza e intorno ai 40 anni, senza prevalenza di sesso. «Stando alle statistiche, circa il 15% dei casi è attribuibile alla familiarità, per cui è più frequente in chi ha uno o più parenti affetti dalla malattia», racconta il dottor Comacchi.
«Un altro 15% di casi è legato allo stress, soprattutto se acuto: assistere alla morte improvvisa di una persona cara, subire una rapina o vivere un qualsiasi altro evento altamente stressante può far comparire delle macchie chiare in alcune persone, anche nell’arco di poche ore dall’episodio scatenante. Altre volte, invece, lo stress può essere cronico e prolungato: per esempio, il troppo lavoro, la separazione dal coniuge o la presenza di un malato grave in casa sono situazioni che possono mettere a dura prova anche la cute». Il motivo è semplice: nello sviluppo prenatale, la pelle e il sistema nervoso derivano dallo stesso foglietto embrionale, il neuroectoderma, e il fatto di nascere dallo stesso tessuto li lega per tutta la vita, tanto che attraverso la cute è possibile individuare situazioni di disagio interiore, dal semplice rossore che caratterizza i momenti di imbarazzo alla vitiligine da stress appunto.
Il ruolo del sistema immunitario
Fra le ipotesi più accreditate c’è anche la patogenesi autoimmune, nel senso che alcuni soggetti presentano un’iperattività del sistema immunitario verso stimoli innocui per la maggior parte delle persone: «Non è un caso se la vitiligine si associa spesso ad altre malattie autoimmuni, in particolare alla tiroidite di Hashimoto, ma talvolta anche alla gastrite autoimmune o alla celiachia in forme fruste», precisa l’esperto.
«In alcuni pazienti si può riscontrare anche una carenza di vitamine, soprattutto della D, che potrebbe rappresentare una concausa, ma di certo non la ragione scatenante». Vista questa complessità, per affrontare la vitiligine è necessario un approccio personalizzato, che prenda in considerazione tutto ciò che sta dietro alla malattia: familiarità, condizioni di stress, iperattività del sistema immunitario o una somma di più fattori.
Come affrontare la vitiligine
Al momento non esiste una cura definitiva per la vitiligine, ma è possibile attenuarne i sintomi con un corretto protocollo terapeutico che passa innanzitutto attraverso l’attenta visita di un dermatologo allo scopo di stabilire lo stato clinico della malattia: attivazione (peggioramento), stazionarietà o regressione (miglioramento).
«In base a questa valutazione si decide l’iter migliore da seguire, mirato a stabilizzare la patologia oppure a ripigmentare la pelle. Per esempio, in fase di attività, lo specialista potrebbe prescrivere una terapia immunosoppressiva locale o sistemica, solitamente il cortisone, per bloccare l’espandersi delle macchie, mentre in fase di stabilità potrebbe consigliare una terapia ripigmentante come la fototerapia, solitamente associata a integratori a base di vitamine e un pool di antiossidanti.
Oggi esistono anche nuovi prodotti a base di piperina, il principio attivo del pepe nero, in grado di stimolare i melanociti e da abbinare alla fototerapia, sempre in fase di stabilità e ripigmentazione», racconta Comacchi. Ma il dermatologo deve essere coadiuvato da altri specialisti (endocrinologo, immunologo/allergologo, genetista, oculista) per individuare la presenza di tiroidite di Hashimoto, celiachia o altre malattie concomitanti, in modo da definire le caratteristiche precise della vitiligine.
Come vivere l’estate
Esporsi al sole può peggiorare i sintomi? O magari può esporre facilmente al melanoma? «Per le persone con vitiligine valgono le stesse raccomandazioni della popolazione generale, dunque ci si può esporre al sole con tranquillità utilizzando una crema con SPF 50+ ed evitando le ore più calde della giornata. L’importante è evitare le scottature: sono queste, anche a distanza di molto tempo, a predisporre al melanoma, non la vitiligine in quanto tale».
Maggiore attenzione va prestata se la malattia si trova in fase di attività: in questo caso, l’esposizione al sole può peggiorare la situazione a causa del cosiddetto fenomeno di Köbner, che riguarda psoriasi, lichen ruber planus e vitiligine. «Se queste tre patologie si trovano in uno stato di attività e la pelle subisce un qualsiasi trauma, come un taglio, un graffio, un intervento chirurgico o una scottatura solare, in quella zona può comparire la malattia dermatologica di base a distanza di ore, giorni o settimane. Ciò significa che le corrette modalità di esposizione solare vanno “prescritte” dal proprio specialista di riferimento».
Si può “camuffare” la pelle
Problema: siccome i raggi solari stimolano la pelle sana, che di conseguenza si imbrunisce, lo “stacco” può diventare più marcato. «In questo caso, la sera, si può applicare un autoabbronzante sulle chiazze bianche e questa strategia fa parte del camouflage estetico, considerato una terapia di primo livello con risvolti positivi sulla psiche. Questa pratica, che consiste in una sorta di trucco correttivo, non crea nessun problema alla pelle con vitiligine: prodotti idonei, sicuri e testati si possono trovare in farmacia e spesso assicurano 12-16 ore di tenuta, anche in caso di contatto con l’acqua del mare o della piscina. Ciascuno deve trovare la soluzione più adatta per sé, ma lo specialista saprà certamente aiutare nella scelta», conclude il dottor Comacchi.
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