Dentro l’inferno all’improvviso. Caratterizzato da un esordio inaspettato e repentino, lo shock anafilattico (o anafilassi) è una reazione allergica grave, generalizzata e pericolosa per la vita: «Inizia rapidamente interessando due o più apparati, per esempio pelle e sistema respiratorio oppure circolatorio e gastrointestinale», spiega il dottor Massimo Vota, responsabile del Punto di Primo Intervento presso l’Ospedale Cortina a Cortina d’Ampezzo, Belluno. «Nei pazienti che ne sono colpiti, si stima una mortalità dello 0,6-2 per cento: quindi il tempismo d’intervento è fondamentale e può fare davvero la differenza».
Cos’è lo shock anafilattico
La maggior parte degli shock anafilattici è di origine allergica e dipende da un particolare meccanismo che si innesca nel corpo. «Ogni allergene è innocuo quando entra per la prima volta a contatto con l’organismo. Alcune persone, però, lo percepiscono erroneamente come una minaccia e iniziano a produrre degli speciali anticorpi, le immunoglobuline E, che si fissano sulla superficie di alcune cellule, come i basofili presenti nel sangue e i mastociti presenti nei tessuti», racconta il dottor Vota.
«Quando lo stesso allergene entra per la seconda volta a contatto con l’organismo di questi soggetti, basofili e mastociti liberano grandi quantità di istamina e altri mediatori dell’infiammazione, che portano alla dilatazione dei vasi sanguigni e scatenano il corteo di sintomi tipici delle allergie. La reazione può essere lieve, moderata o severa: ecco, all’interno di questa scala, lo shock anafilattico rappresenta l’evenienza più grave e pericolosa».
Quando si verifica
Come sappiamo, le allergie sono più frequenti nelle persone che presentano una familiarità per questo tipo di reazioni, ma ogni volta è impossibile prevederne la gravità in base agli episodi passati. «Ciò significa che lo shock anafilattico è sempre un evento inaspettato, perché l’intensità di un attacco non permette di presumere quale sarà l’andamento di quelli successivi».
In generale, comunque, le sostanze che più facilmente possono condurre ad anafilassi sono alcuni alimenti (uova, nocciole, arachidi, latte, crostacei, pesce), veleno degli imenotteri (punture di api, vespe o calabroni), medicinali (penicillina, antinfiammatori e alcuni farmaci biologici).
«Esistono anche shock anafilattici idiopatici, cioè di origine sconosciuta», tiene a precisare il dottor Vota. «La sintomatologia è sempre la stessa, ma stavolta non si osserva la presenza di immunoglobuline E sulla superficie di basofili e mastociti. È il caso dell’anafilassi scatenata in alcuni pazienti dai mezzi di contrasto iodati che vengono iniettati durante vari esami radiografici: qui non si tratta di allergia, per cui prevedere la reazione è impossibile».
Ancora più complessa da battere sul tempo è l’anafilassi da esercizio fisico, che può essere ancora una volta idiopatica (basta l’attività fisica a scatenarla) oppure cibo-dipendente (in questo caso, insorge durante o dopo uno sforzo fisico che sia stato preceduto, anche di alcune ore, dall’ingestione di un certo alimento). «In quest’ultimo caso, il legame non è del tutto chiaro, ma potrebbe essere dovuto alla vasodilatazione indotta dall’esercizio fisico, che aumenta la permeabilità intestinale rendendo più “aggressivo” l’allergene, altrimenti tollerato».
Come capire che si sta avendo una reazione allergica grave
Ma come si manifesta uno shock anafilattico? Abbiamo detto che in questo tipo di reazione vengono coinvolti due o più apparati, per cui possono sommarsi fra loro sintomi diversi, come orticaria, rinite, asma, diarrea o crampi alla stomaco, che compaiono a circa 20-30 minuti (massimo un’ora) dal contatto con un certo allergene.
«Dobbiamo sospettare il problema quando ci accorgiamo che le cose evolvono rapidamente e che lo stato di malessere generale peggiora in fretta: la pelle diventa pallida e sudata, il battito cardiaco è debole e rapido, si fatica a respirare, si avverte agitazione e confusione mentale».
In questa fase, tutti i medicinali normalmente usati per contrastare le allergie (come antistaminici e cortisonici) non sortiscono alcun effetto, perché l’unico farmaco in grado di salvare la vita è l’adrenalina. «Talvolta, però, l’anafilassi può essere bifasica: dopo qualche ora dalla sua apparente risoluzione, si verifica una ripresa della sintomatologia senza che il soggetto sia stato di nuovo esposto all’allergene. Altre volte, lo shock anafilattico è addirittura protratto, cioè le sue manifestazioni cliniche resistono per 24-36 ore, costringendo a ripetere più volte il trattamento con l’adrenalina».
Cosa fare subito e cosa non fare
Tutti i soggetti allergici dovrebbero tenere sempre con sé un iniettore di adrenalina, utilizzandolo se compaiono sintomi minacciosi e senza aspettare che la situazione sia troppo grave. «Questi preparati, simili a “penne”, vanno iniettati per via intramuscolare nella coscia, anche attraverso gli indumenti: basta tenerli premuti per circa dieci secondi e poi rilasciare. Si tratta di formulazioni preconfezionate e predosate, comode perché si possono conservare a temperatura ambiente, anche d’estate, e durano fino a diciotto mesi.
Dopo la somministrazione, è comunque necessario recarsi nell’ospedale più vicino per essere adeguatamente monitorati. Chi invece non ha l’adrenalina con sé, deve immediatamente contattare il 118 per un rapido intervento». Cosa non fare, invece? Innanzitutto, agitarsi. È importante mantenere la calma, per quanto possibile, in modo da restare lucidi e trovare una correlazione fra la sintomatologia e le ultime sostanze ingerite o con cui si è entrati in contatto. «Anche mettersi a correre verso un centro medico non è una buona idea, perché in questa fase critica qualsiasi sforzo fisico potrebbe aggravare la situazione», precisa l’esperto.
Quali cure sono disponibili
Non esistono terapie capaci di prevenire il problema, ma ci sono norme di comportamento efficaci. Per esempio, chi soffre di un’allergia alimentare deve evitare di entrare in contatto con i cibi “incriminati”, che possono essere contenuti in preparazioni insospettabili: «Leggiamo bene le etichette dei prodotti prima di consumarli, consultando attentamente l’elenco degli ingredienti, e mangiamo il più possibile semplice, evitando le preparazioni troppo elaborate», raccomanda il dottor Vota.
«Prestiamo massima attenzione anche quando assumiamo un farmaco: per esempio, ci sono formulazioni a base di ibuprofene contenenti lecitina di soia, che a sua volta può contenere proteine delle arachidi. Quindi, negli allergici, anche i trattamenti farmacologici vanno sempre consigliati da uno specialista, scongiurando ogni rischio».
Se invece l’allergia dipende dal veleno degli imenotteri, si possono utilizzare precauzioni all’aperto (indossare pantaloni lunghi e maniche lunghe durante le passeggiate, evitare di camminare a piedi nudi, non campeggiare vicino a stagni e paludi, utilizzare prodotti repellenti per gli insetti) o magari si può valutare il vaccino antiallergico, non sempre possibile però: «L’immunoterapia specifica per questa forma di allergia è disponibile solo per chi ha già manifestato reazioni medio-gravi. In caso contrario, oltre a non essere efficace, la desensibilizzazione potrebbe addirittura inasprire il problema», conclude l’esperto.
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