di Oscar Puntel
In tutte le regioni italiane sono in corso campagne mirate di prevenzione, per salvare i neonati dalla Sids, Sudden infant death syndrome, la sindrome della morte in culla, ovvero la morte prematura e inspiegabile di un lattante, apparentemente in una condizione di benessere generale.
«Si stima che ogni anno in Italia 300 neonati muoiano di Sids. Il numero è stato ricavato da alcune ricerche condotte in Toscana nel 2016, dove è stato effettuato un rigoroso percorso per diagnosticare i casi di morti in culla», spiega Raffaele Pomo, neonatologo e responsabile Centro Sids dell’Ospedale Buccheri La Ferla di Palermo. Altre statistiche nei Paesi dove questa sindrome è controllata e studiata dicono che colpisce un bambino ogni 2-3 mila.
La Sids non corrisponde a una precisa patologia, non c’è una vera causa e infatti la diagnosi viene fatta solo dopo la morte del bambino. «Quando c’è un forte sospetto di morte in culla, il corpo del neonato viene sottoposto a un attento, preciso esame autoptico. Se non emergono difetti congeniti o altre patologie, viene emessa la diagnosi di Sids», spiega l'esperto. Ma cerchiamo di approfondire
COSA DICONO LE ULTIME RICERCHE
Le cause di questa sindrome restano, quindi, inspiegabili. Tuttavia, la ricerca si sta indirizzando lungo due filoni, legati fra di loro. Uno è quello neurologico, l’altro è quello genetico.
«Alcuni studi hanno concentrato la loro attenzione sul tronco encefalico: in quella zona hanno sede i centri che regolano il ritmo cardiaco, il sonno e la veglia, il respiro. E si sono riscontrate anomalie a livello di neuroni, le cellule del sistema nervoso», aggiunge Pomo. Anomalie che potrebbero essere collegate a un particolare gruppo di geni: e questo è il secondo principale interesse degli studiosi. «Si parla di una predisposizione genetica, cioè della presenza di certi geni che inciderebbero sul funzionamento del tronco encefalico. E che, combinati ad alcuni fattori ambientali, come certi comportamenti adottati nell’accudimento del bambino (che vedremo in seguito), possono portare alla Sids».
LE STRATEGIE DA ADOTTARE
La sindrome della morte in culla colpisce, nel 90% dei casi, soprattutto i bambini di sesso maschile, fra il primo e il sesto mese, ma il picco delle morti si registra fra il secondo e il quarto mese. Si verifica di notte, più che di giorno. E i prematuri sono a più alto rischio.
«Studiando la Sids, si è scoperto che la frequenza di morti in culla è drasticamente diminuita quando ai genitori è stato chiesto di adottare particolari accorgimenti protettivi nei confronti del bambino», chiarisce il dottor Pomo. Si tratta di fattori “ambientali”, strategie di accudimento che se non attuate, potrebbero aggravare le anomalie neurologiche e portare alla morte. «La Sids ha una più elevata probabilità di verificarsi quando sussistono alcune condizioni. Quindi, l’adozione di comportamenti “opposti” ha un effetto benefico: possono salvare la vita del bambino», dice il dottor Pomo.
Ma quali sono le strategie da adottare? «Far dormire il bambino a pancia in su; non fumare accanto al bambino e nemmeno durante la gravidanza; far dormire il bambino accanto alla madre, ma non nello stesso lettone; non eccedere i 18-20 gradi °C, nella temperatura della stanza dove il bambino dorme. Altri fattori protettivi dalla Sids sono l’allattamento al seno e l’utilizzo del ciuccio, ma solo se il bambino lo desidera e dopo che l’allattamento materno è ben avviato (fine primo mese)», precisa il dottor Pomo.
marzo 2017
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