La micobatteriosi atipica è una malattia misconosiuta, con sintomi che spesso vengono sottovalutati dal medico di base, non adeguatamente preparato a riconoscerla e diagnosticarla. È la micobatteriosi non tubercolare (NTM), nota anche come micobatteriosi atipica perché non riconducibile al bacillo di Koch, il microrganismo responsabile della tubercolosi che nel secolo scorso mieteva milioni di vittime. Nel caso della micobatteriosi atipica sono coinvolti micobatteri differenti che agiscono in modo subdolo, lentamente e riuscendo perfettamente a camuffarsi all’interno del tessuto polmonare. Il professor Marco Confalonieri, responsabile della Struttura Complessa di Pneumologia dell’Ospedale Cattinara di Trieste e direttore della Scuola di specializzazione in malattie dell’apparato respiratorio dell’omonima università, ci spiega perché sia importante approdare a una diagnosi e a un trattamento tempestivo.
Ritardi diagnostici della micobatteriosi atipica: tutti i perché
«La NTM è una malattia rara, ed è difficile avere una percentuale precisa e costantemente aggiornata degli italiani che ne sono affetti», premette il professor Confalonieri. «Nel 2021 il registro nazionale Irene riportava 839 pazienti in cura presso i centri ospedalieri di riferimento (in aumento, rispetto ai 681 del 2017), ma si tratta di numeri in difetto perché la patologia è sottostimata e non tiene conto di tutto il “sommerso” in attesa di ricevere una diagnosi corretta. La quale richiede strutture dedicate, con laboratori di microbiologia esperti nello studio e nella diagnosi di micobatteri non tubercolari (in Italia sono pochi).
Inoltre, fino a una decina di anni fa si riteneva che le gravi micobatteriosi polmonari fossero dovute unicamente al bacillo di Koch. I micobatteri non tubercolari erano noti, ma venivano considerati “opportunisti”, cioè potenzialmente pericolosi solo in caso di pazienti immunodepressi, come nei malati da Aids. In un paziente immunocompetente, l’infezione da micobatteri diversi dal bacillo di Koch non veniva neppure trattata. Negli ultimi anni si è scoperto invece che anche questi indesiderati ospiti, il cui contagio avviene attraverso acqua e terreni contaminati (tra i più comuni l’Avium, l’Abscessus, il Kansasii e lo Xenopi), possono danneggiare i polmoni in maniera irreversibile, fino a risultare letali. E ciò anche nei pazienti che non hanno un sistema immunitario compromesso».
Altra causa di ritardo diagnostico sono i sintomi aspecifici associati alla NTM: febbre, astenia, perdita di peso, dispnea (fiato corto, che si riscontra anche nel salire le scale), tosse secca o catarrale e, in alcuni casi, dolore toracico e senso di oppressione al petto. Benché il quadro sia a volte simile a quello della tubercolosi, la malattia evolve molto più lentamente e il contagio non avviene da uomo a uomo.
Gli esami da fare
«Se si sospetta la NTM, la prima cosa da fare è un esame dell’escreato, cioè delle secrezioni catarrali che però risulta negativo in circa il 50% dei casi, nonostante la presenza dell’infezione. Questo perché i micobatteri si nascondono bene e non danno segno di sé neanche attraverso i comuni esami del sangue», spiega il professor Confalonieri. «Ragion per cui è consigliabile eseguire una tac torace ad alta definzione, che rivelerà un quadro di bronchiectasie (dilatazione abnorme dei bronchi) e di noduli plurimi bilaterali, seguita da una broncoscopia con lavaggio bronco-alveolare. Ovvero un esame invasivo, che viene eseguito in sedazione: consiste nell’inserire delle fibre ottiche e prelevare un campione di secrezioni dal polmone profondo, per analizzarle al microscopio. Molto raramente si rende necessaria anche una biopsia, per decifrare la natura dei noduli che sono granulomatosi (cioè di tipo infiammatorio) ma possono venire scambiati per noduli tumorali, con tutto quello che ne consegue».
Va precisato che, nelle forme avanzate dell’infezione, il quadro clinico è sovrapponibile a quello della tubercolosi cronica, con lesioni nodulari alternate a lesioni cavitarie, perché il micobatterio “scava” delle caverne nei polmoni, danneggiando la funzionalità respiratoria.
La lunga strada della terapia combinata
L’aggettivo “combinata” si riferisce al fatto che non basta un solo antibiotico a eradicare il germe ma occorre assumere, anche per 12-18 mesi o più, un’associazione di tre antibiotici, da prendere simultaneamente. «Si usano diverse combinazioni (macrolidi, rifampicina, amikacina liposomiale per aerosol, etambutolo, fluorochinolonici e altri antibiotici) che possono dare effetti collaterali, tali da inficiare la cosiddetta compliance, cioè l’aderenza alla terapia. A volte capita che il paziente sospenda di sua iniziativa gli antibiotici, per via delle reazioni avverse, senza sapere che ciò favorisce fenomeni di antibioticoresistenza, che prolungano ulteriormente il periodo di trattamento», prosegue il professor Marco Confalonieri.
«Tra gli antibiotici meno tollerati c’è l’etambutolo, chè può dare parestesie, formicolii alle mani e ai piedi e neurite ottica». Altro problema sono le recidive, piuttosto elevate: intorno al 15%. Per questa ragione è importante sospendere gli antibiotici non solo quando il paziente sta meglio e la tac è “pulita”, ma a seguito di un riscontro microbiologico negativo, dato dalla brocoscopia bronco-alveolare. Anzi, per scongiurare il rischio che l’infezione si ripresenti, è bene proseguire la cura alcuni mesi dopo la cosiddetta “conversione”, cioè l’avvenuta negativizzazione.
L’Associazione che ti dà una mano
Si chiama Amantum ed è un’associazione no profit nata nel 2018 che si propone importanti obiettivi. «Ho deciso di fondarla in seguito alla malattia di un mio familiare, che ha subìto interventi e cicli di chemioterapia per un’errata diagnosi di tumore», spiega Antonella Previdi, presidente di Amantum.
«Benché grave e invalidante, la malattia polmonare da micobatteri non tubercolari è poco conosciuta dalla classe medica. Amantum è nata per aprire un varco e far uscire i pazienti dalla solitudine e dall’incomprensione, essendo una malattia orfana di farmaci e di attenzioni. Il nostro obiettivo è formare in medici, informare i malati, favorire la ricerca, ottenere il riconoscimento dei diritti. Abbiamo fatto tre interpellanze parlamentari e presentato al Senato il libro bianco della NTM. Vorremmo che venisse ufficialmente riconosciuta da parte delle istituzioni e inserita nel registro delle malattie rare. Attualmente non è neppure annoverata nei Lea (livelli essenziali di assistenza) e perciò non usufruisce dell’esenzione dei ticket nè dei benefit previsti per le altre malattie rare. Inoltre, abbiamo creato un network con l’associazione per la NTM più importante, che ha sede negli Usa, con la quale scambiamo un flusso di informazioni teso ad aiutare i pazienti». Il fine ultimo è dare voce a chi non ce l’ha: senza il riconoscimento dello stato, malati e malattie restano delle mosche bianche.
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