Linfedema: che cos’è, perché viene e come si cura

Spesso trascurato, il linfedema è disturbo diffuso in particolare tra le donne operate di tumore al seno. Come riconoscerlo e curarlo, grazie a fisioterapia e microchirurgia



54100di Valentino Maimone e Gerardo Antonelli

Oltre quarantamila nuovi casi l’anno: eppure il linfedema, malattia causata dall’accumulo di linfa nei tessuti di braccia e gambe, è un problema ancora poco conosciuto, che colpisce soprattutto le donne operate al seno o per un tumore all’apparato ginecologico. Alla professoressa Marzia Salgarello, responsabile del centro specializzato nel trattamento di questa patologia al Policlinico Universitario Gemelli di Roma, dove è Direttore dell’unità operativa complessa di chirurgia plastica, abbiamo chiesto come il linfedema si riconosce e si cura.


Che cos'è il linfedema e quali sono i sintomi

«Il linfedema è un problema spesso trascurato, perché i sintomi si possono presentare fino a 4 anni dopo l’intervento: all’inizio si nota solo un gonfiore delle braccia o delle gambe, che però rientra facilmente sollevando l’arto. Per questo si tende a sottovalutare la situazione», spiega l’esperta. A lungo andare, però, il gonfiore non scompare più da solo, il tessuto diventa duro e spesso, gli arti acquistano volume: sono i segnali che la malattia è diventata cronica. A quel punto sono guai: «Si è più esposti a infezioni ricorrenti. Basta un minimo trauma come un taglietto, la puntura di una zanzara o un eritema solare, a scatenare i batteri patogeni. E con il sistema linfatico già indebolito, le infezioni diventano difficili da contrastare», fa presente Salgarello.


L'importanza della diagnosi precoce

L’arma più efficace è la diagnosi precoce: «Chi ha subito un intervento di chirurgia oncologica dovrebbe sottoporsi a una visita di controllo entro un anno dalla conclusione delle terapie, anche in assenza di sintomi», avverte Marzia Salgarello. «Attraverso esami ambulatoriali e indolori come la linfoscintigrafia e la linfografia a fluorescenza con verde di indocianina si individua subito il problema». Per fermare la progressione della malattia ed evitare le complicazioni, occorre sottoporsi a cicli di fisioterapia decongestionante, indossare se necessario indumenti compressivi, limitare il più possibile gli sforzi e cercare di mantenere integra la pelle. «Ma è la terapia integrata con la supermicrochirurgia dei linfatici che consente un ulteriore passo avanti nella cura del linfedema, ovvero la possibilità di effettuare le anastomosi linfatico-venose, mini by-pass tra i piccoli collettori linfatici superficiali ancora funzionanti e le piccole venule vicine, che consentono di scaricare la linfa nel sangue venoso e quindi di alleggerire l’arto interessato dal linfedema. Agendo su queste nuove vie di scarico la fisioterapia decongestiva postoperatoria sarà ancora più efficace», aggiunge l'esperta.


Gli interventi chirurgici

Quando il linfedema è in fase avanzata è ancora più importante ricorrere al bisturi. «Il primo passo è un intervento di microchirurgia per creare i nuovi collegamenti tra i vasi linfatici e le vene, in modo da rendere più agevole il drenaggio dei liquidi accumulati. Mini invasivo, si effettua in sedazione tramite incisioni di circa 2-3 cm», fa presente la professoressa Marzia Salgarello. «Qualora non ci siano più canali linfatici funzionanti nell’arto interessato dal linfedema, si esegue una diversa operazione che consiste nell’autotrapianto di linfonodi o tessuto linfatico». Con queste metodiche la circonferenza dell’arto si riduce fino al 70% e nel 91% dei casi si registrano miglioramenti generali. 


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