Val De Reuil è una cittadina della Normandia a un’ora e mezza da Parigi e, probabilmente non l’avevate mai sentita nominare. Però questo “piccolo” Comune di 14mila anime è fondamentale per la salute di 900 milioni di persone. Il suo segreto? I vaccini.
Sanofi Pasteur, uno dei più grandi produttori in questo campo, ha scelto questa zona per costruirci uno dei siti di produzione e distribuzione dei farmaci che ci proteggono da febbre gialla, poliomelite, rabbia e influenza (con, appunto, 900 milioni di dosi distribuite in 190 Paesi). Numeri alti quanto la responsabilità di garantire efficacia e sicurezza. Responsabilità ancora più alta, se pensate che il vaccino è l’unico farmaco che si prescrive a persone sane.
Per capire e vedere come si compie il “miracolo” (che si ripete ogni anno) della vaccinazione siamo stati nella cittadina normanna. Nel racconto delle prime ore di vita del vaccino antinfluenzale ci aiuta una guida d’eccezione, Emanuele Montomoli, professore ordinario di igiene e sanità pubblica dell’Università di Siena.
Tutto inizia dall’altra parte della terra
Mentre da noi è estate, nell’emisfero australe inizia l’inverno e, con esso, il picco di influenza. In tutto il mondo esiste una rete di sorveglianza che monitora l’andamento del virus coordinata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Sulla base di quello che avviene nell’altro emisfero e tenendo conto anche di che tipo di virus è circolato nell’anno precedente, l’Oms dà la formulazione base del vaccino per l’anno in corso.
Agenzie specializzate distribuiscono alle aziende quindi il cosiddetto working seed, cioè la fiala base che serve poi per produrre il vaccino finale. Dal momento che questa “formulazione base” arriva a Val De Reuil si inizia la produzione.
L’uovo di “colombo”
La formulazione, che oggi contiene un virus H1N1, uno H3N2 e due ceppi del tipo B (Victoria e Yamagata), viene inoculata nelle uova di pollo.
Perché? «È dal 1945 che si fa, perché il virus cresce bene nella cavità amniotica dell’uovo dove, messo nell’incubatrice, si riproduce tante volte», spiega Montomoli. «Dopo qualche giorno il liquido che viene prelevato dalle uova è ricco di virus. E partono i processi di purificazione».
C’è molta automazione nei laboratori che visito coperto dalla testa ai piedi con tuta, cuffia, mascherina, scarpe speciali e occhiali protettivi. I robot iniettano liquidi, trasportano fiale e siringhe, i computer monitorano ogni istante ma, vestite come me, ci sono molte persone che vigilano su tutto il percorso. E appena scatta qualche allarme, digitale o nella loro testa, sono queste donne e questi uomini a bloccare tutto il processo, a scartare fiale e siringhe, a decidere e confrontarsi.
Parlare con l’addetta che mi spiega perché ha bloccato una scatola di provette (anche per pura precauzione) mi solleva, tutto mi sembra più umano e, per assurdo, più sicuro. Come il suo occhio superallenato.
La creazione dello scudo protettivo
Macchine che sembrano pentole a pressione gigantesche, vasi comunicanti che ricordano il piccolo chimico, continui controlli di qualità, contenitori che assomigliano a quelli del vino... Il vaccino a questo punto è un bambino pronto per nascere: è tempo di produrre la sua formulazione finale.
«Il vaccino è composto da particelle virali», spiega il nostro esperto. «Il virus viene disgregato in laboratorio e occorre riuscire a selezionare solo due proteine della sua membrana, l’emmaglutinina e la neuraminidasi. Sono loro che attivano il nostro sistema immunitario e lo rendono pronto a reagire come uno scudo protettivo».
Le proteine ottenute vengono messe nella siringa insieme a degli eccipienti: il vaccino è pronto a vedere la luce.
Il freddo, da nemico ad alleato
A questo punto è arrivato il momento di assistere alla fase finale di tutto il processo. Ma devo mettermi anche una felpa termica, perché gli enormi hangar dove vengono stoccati i farmaci e spediti in tutto il mondo è “alta montagna”, e tutti i presenti ci vivono e lavorano a 2 gradi centigradi.
«A temperatura controllata si riesce a contenere la contaminazione batterica», mi spiega una signora che guida il muletto con i vaccini con l’abilità di un pilota di formula uno. Insomma, quella bassa alza le garanzie di sicurezza. E la catena del freddo continua anche all’interno dei pacchi destinati alle farmacie del globo con i datalog, aggeggi digitali che monitorano il prezioso contenuto delle siringhe dialogando con la casa madre in caso di qualsiasi variazione anomala.
Dunque, se il freddo dell’inverno australe aiuta l’influenza a metterci a letto, quello di Val De Reuil ci aiuta a sconfiggerla. Vorrei portarmi via un souvenir in provetta, ma non si può. Qui la parola d’ordine è sicurezza. «Che è totale. I vaccini sono i farmaci più controllati in assoluto, dalla produzione all’ultima puntura», conclude Monomoli.
Quest’anno i ceppi sono più aggressivi
«Le previsioni dicono che l’influenza sarà peggiore di quella dell’anno scorso, perché i ceppi virali sembrano essere più aggressivi», spiega Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano. «Si stima che rimarranno a letto 1-2 milioni di persone in più rispetto ai 5 milioni colpiti la stagione scorsa. Ecco perché raccomando la vaccinazione a tutti, non solo alle categorie a rischio come gli anziani».
«Il momento giusto per vaccinarsi è ora», aggiunge il professor Montomoli. «Non è vero quindi che è meglio aspettare perché l’influenza “esplode” a dicembre-gennaio. Il farmaco agisce in 20 giorni e copre per un anno».
Quale formulazione scegliere
«Abbiamo due tipi di vaccini in Italia: il quadrivalente, che contiene i ceppi virali H1+H3 e i due B, e il trivalente, che contiene H1+H3, un solo ceppo B ma è adiuvato, cioè ha una molecola che aiuta persone come gli anziani, che hanno un sistema immunitario che risponde meno bene ad attivarsi. L’adiuvante è una specie di doping del sistema immunitario», spiega il professor Emanuele Montomoli.
Le raccomandazioni del Ministero prevedono l’adiuvato per gli ultra 75enni, mentre dai 65 ai 75 possono essere fatti entrambi. Sotto i 65 si fa il quadrivalente. «Però il serbatoio naturale dell’influenza sono i bambini», aggiunge l’esperto. «E la politica sanitaria è ancora troppo concentrata sugli anziani perché hanno le complicanze più gravi dell’influenza (polmonari, cardiache). Auspico una maggiore attenzione ai più piccoli, già vaccinabili nel primo anno. I bimbi sono esposti al virus per la prima volta e lo passano ai nonni, in un circolo vizioso che andrebbe interrotto».
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 44 di Starbene in edicola dal 16/10/2018