Circa una donna su due ha sperimentato (o sperimenterà) la cistite almeno una volta nella vita, ma per qualcuna il fastidio diventa ricorrente o addirittura cronico, aprendo la strada a un circolo vizioso fatto di continue terapie antibiotiche, visite mediche ed esami diagnostici.
«Si parla di cistite recidivante quando l’infezione si presenta con almeno tre episodi durante l’anno oppure con due episodi nell’arco di sei mesi, anche se nella maggior parte delle pazienti il disturbo è ancora più frequente», spiega il dottor Andrea Callea, urologo presso l’Ospedale Santa Maria di Bari e Villa Lucia Hospital di Conversano. Di solito, alla base della cistite c’è una causa infettiva, dovuta a batteri o miceti, fra cui l’Escherichia coli rappresenta il patogeno più comune. «Nelle cistiti ricorrenti, però, si sommano alcune concause che determinano la frequenza delle recidive», precisa l’esperto.
Quali sono le cause
Talvolta, alle cistiti recidivanti concorrono fattori genetici. «Alcune donne sono più predisposte di altre all’infezione perché producono minori livelli della proteina di Tamm-Horsfall, detta anche uromodulina, normalmente presente nelle urine dei soggetti sani e utile per almeno due motivi: inibisce l’aggregazione dei cristalli di ossalato di calcio, prevenendo la formazioni di calcoli; intrappola le fimbrie dei batteri presenti nelle vie urinarie, cioè quelle appendici proteiche filamentose che si trovano sulla superficie di alcune cellule batteriche e servono ai patogeni per aderire alle pareti della vescica e colonizzarle», racconta il dottor Callea.
In questo caso, esiste spesso una familiarità, per cui non è raro che di cistiti recidivanti soffrano mamme, figlie e nipoti. «Ma la principale concausa sta nelle cattive abitudini quotidiane, come quella di procrastinare la minzione: pur avvertendo lo stimolo, alcune donne trattengono a lungo l’urina in vescica e questo consente agli eventuali batteri presenti di moltiplicarsi e diventare aggressivi. Lo stesso accade quando si beve troppo poco: le urine risultano più concentrate, si svuota più raramente la vescica e questo concede ai batteri il tempo per proliferare indisturbati».
Cosa c’entra l’intestino
Un’altra causa di cistite ricorrente può risiedere nell’intestino: se questo non è in ordine, i batteri “cattivi” possono prendere il sopravvento e risalire in vescica attraverso due meccanismi. «Innanzitutto possono colonizzare il perineo, in particolare nella zona vulvare, e poi imboccare l’uretra, che nelle donne è molto breve e sbocca nelle vicinanze dell’introito vulvare, per cui il passaggio di germi intestinali è piuttosto semplice.
Oppure, i batteri possono sfruttare la via linfatica: in caso di disbiosi, infatti, le giunzioni strette che uniscono le cellule dell’epitelio intestinale si allentano e consentono il passaggio di alcuni batteri coliformi, che a quel punto riescono a raggiungere la vescica», semplifica Callea. Ciò significa che è necessaria una buona igiene dell’alvo, che significa essere “regolari” negli appuntamenti con il bagno, seguire un’alimentazione ricca di fibre, evitare l’abuso di farmaci (in particolare di antibiotici) e mantenere uno stile di vita attivo.
Un fastidio “di coppia”
Nel 60 per cento dei casi, inoltre, queste cistiti sono correlate all’attività sessuale, che espone facilmente le donne al rischio di risalita dei batteri lungo il canale uretrale dall’introito vaginale, soprattutto in presenza di un’eccessiva contrattura del pavimento pelvico: «È un fenomeno piuttosto frequente nelle giovani donne, che spesso sta alla base del vaginismo o della vestibolite vulvare, patologie che predispongono alle cistiti ricorrenti», avverte l’urologo.
«Se i muscoli del pavimento pelvico sono molto contratti, infatti, è più facile andare incontro a micro-ulcerazioni a livello uretrale che facilitano l’attacco dei germi patogeni. Ne deriva la necessità sia di imparare alcuni esercizi che rilassano il pavimento pelvico, sia di curare l’igiene sessuale, per esempio urinando subito dopo i rapporti per eliminare gli eventuali batteri dall’uretra».
Quali sono i sintomi della cistite recidivante
Nella cistite recidivante, i sintomi sono quelli della forma episodica: un’aumentata frequenza della minzione associata all’urgenza di urinare, una sensazione di bruciore durante e dopo la minzione (disuria e stranguria), la necessità di urinare spesso anche di notte e talvolta la presenza di sangue nelle urine (ematuria).
«Tutti sintomi che inficiano pesantemente la qualità della vita, del riposo notturno e anche della vita di coppia, visto lo stretto legame con la sessualità», tiene a precisare il dottor Callea. «Seguendo le giuste strategie, invece, è possibile trovare sollievo, anche se una guarigione completa non è sempre possibile.
Alcuni batteri hanno la capacità di penetrare attraverso le cellule che rivestono la mucosa vescicale, costituendo il cosiddetto biofilm endocellulare. Si tratta di batteri che hanno perso il loro capside, cioè la parte esterna, ma che riescono a entrare nelle cellule, dove si mettono al riparo dagli antibiotici. Può succedere dunque che l’urinocoltura risulti negativa, ma che i batteri “nascosti” creino comunque dei sintomi. Detto ciò, con le giuste misure quotidiane è possibile ottenere buoni risultati, mantenendo asintomatica la situazione. È come se mettessimo a tacere i batteri, anche se non riusciamo a eradicarli del tutto».
Come curare la cistite recidivante
E allora che fare? Spesso, a ogni episodio di cistite viene immediatamente prescritto l’antibiotico, mentre l’assunzione frequente di questi farmaci rischia di ottenere l’effetto opposto rispetto a quello sperato: agendo ad ampio spettro, infatti, finiamo con l’impoverire la flora batterica buona, rafforzando quella patogena.
«Quindi, in caso di cistiti ricorrenti, bisogna agire prima di tutto sulle buone abitudini quotidiane per abbattere le concause di infezione, poi si può tentare una soluzione con l’uso di integratori mirati e solo alla fine ricorrere agli antibiotici, sempre indicati dal medico in base al risultato dell’antibiogramma», rivela Callea.
Quali integratori sono davvero efficaci?
«Per molto tempo è stato propagandato l’uso del mirtillo rosso, ma i più recenti studi scientifici non ne hanno dimostrato una reale efficacia. Un valido aiuto può arrivare invece dal D-Mannosio, uno zucchero non assorbibile dall’intestino che viene eliminato attraverso le vie urinarie e costituisce una parte della proteina di Tamm-Horsfall, quella che impedisce ai batteri di aderire alle pareti vescicali». La sua azione si può sfruttare sia in forma terapeutica (per trattare la cistite acuta) sia in forma preventiva (in cicli di 15 giorni al mese per almeno 6-7 mesi o secondo le indicazioni dello specialista di riferimento). «Si possono associare anche dei probiotici per risolvere l’eventuale disbiosi intestinale, alternando più ceppi batterici per tentare di ricreare un ambiente quanto più fisiologico possibile», suggerisce l’esperto.
Quali sono i rischi
Se non opportunamente trattate, le cistiti recidivanti possono aprire la strada ad alcune complicanze. Per esempio, i batteri possono risalire nelle alte vie urinarie, determinando pielonefrite (un’infezione a carico dei reni), oppure facilitare la comparsa di setticemia in caso di gravidanza o qualora ci si sottoponga a un intervento a carico delle vie urinarie.
«Studi recenti, infine, hanno dimostrato che uno stato di infiammazione cronica dell’epitelio vescicale potrebbe addirittura predisporre ad alcune forme di tumore. Anche per questo motivo è bene interrompere il circolo vizioso che si è innescato nel corpo», conclude l’esperto.
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