Diabete: messo a punto il “pancreas artificiale”

In America c’è un nuovo dispositivo che ha rivoluzionato la vita degli insulino-dipendenti. Si tratta di un piccolo apparecchio, capace di regolare da sé i livelli di insulina nel sangue ed evitare iniezioni e controlli continui della glicemia. In attesa che arrivi anche in Europa, vediamo come funziona




di Oscar Puntel


Un “pancreas artificiale” in grado di regolare da sé i livelli di insulina nel sangue, evitando le iniezioni e i monitoraggi con stick alle persone che soffrono di diabete. La Food and Drug Administration, l’autorità americana che sovrintende l’approvazione di farmaci, ha dato parere positivo a questo nuovo dispositivo, che rivoluzionerà la vita degli insulino-dipendenti. Si tratta di un apparecchio capace di monitorare la quantità di glucosio nel sangue e di rilasciare la giusta dose di insulina, senza quindi più doverla iniettare con siringhe o penne.

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1 ottobre 2016

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I VANTAGGI DEL NUOVO DISPOSITIVO

«L’obiettivo della terapia insulinica, nel paziente diabetico trattato, è ottenere un buon controllo metabolico, evitare le ipoglicemie e prevenire le complicanze della malattia.

La tecnologia ideale è quella che permette di mimare la normale funzione della b-cellula pancreatica, le cellule che secernono insulina, controllando i giusti livelli di glucosio nel sangue», afferma Renato Pasquali, professore di endocrinologia all’Università di Bologna.

«Un dispositivo come questo può portare a enormi benefici ai pazienti diabetici che debbono essere trattati con insulina, nelle sue varie formulazioni, soprattutto nel miglioramento della qualità della vita di ogni giorno. Negli ultimi anni, il progresso in tal senso è stato estremamente attivo e rapido».

COME È FATTO E COME FUNZIONA IL NUOVO APPARECCHIO

Il dispositivo si chiama MiniMed 670G ed è composto da una sistema che inietta l’insulina e da un sensore che misura il livello di glucosio nel sangue. Quest’ultimo effettua rilevazioni ogni 5 minuti, trasmette l’informazione a un software che ha il compito di elaborare la quantità di insulina necessaria e questa viene infine iniettata direttamente senza che lo debba fare la persona.

La “scatolina” che elabora la risposta dell’ormone è grande come un pacchetto di carte, può essere allacciata alla cintura, ma deve essere sempre collegata al corpo, proprio per l’iniezione automatica dell’ormone. Il sensore rilevatore viene invece impiantato sottocute e "parla" con il software via wireless.

Lo studio della Food and Drug Administration, l’autorità americana che sovrintende l’approvazione di farmaci, ha monitorato per 3 mesi 120 pazienti, senza riscontrare effetti collaterali o improvvisi abbassamenti di glucosio e ha consigliato il dispositivo a pazienti con un’età superiore ai 14 anni.

PER CHI È ADATTO IL DISPOSITIVO

Attualmente è stato brevettato per pazienti che soffrono di diabete di tipo 1, quello che sorge durante l’infanzia. Il passo successivo sarà metterlo a disposizione dei malati di diabete di tipo 2, patologia che si manifesta da adulti e che si manifesta con la perdita della capacità del pancreas di produrre o dosare correttamente i livelli di insulina.

Molti pazienti di questo tipo vanno in sovrappeso o diventano obesi, esponendosi a rischio di infarto e ictus. «Questa innovazione potrà aprire la strada a una nuova serie di studi, onde valutare su larga scale l'efficacia, la praticabilità e le linee guida. Accanto agli aspetti legati al controllo glucosio-insulina, si potrebbero prevedere, nel prossimo futuro, oltre alla miniaturizzazione, la possibilità di inserire nel sistema altri farmaci: lo stesso sistema di ‘monitoraggio e risposta’ potrebbe essere adottato per patologie legate alla regolazione del consumo di cibo, per monitorare l’attività fisica o le funzioni cerebrali. Sicuramente questo dispositivo è solo l'inizio; nei prossimi anni cambierà molto il modo di gestire il paziente diabetico», aggiunge il professor Pasquali.

QUANDO ARRIVERÀ IN ITALIA

Il kit è disponibile sul mercato statunitense a un costo che varia fra i 3 mila e i 6 mila dollari. «Ma - precisa il professore - attualmente non è disponibile in Italia. È invece prevedibile che l'European Medicine Agency (Agenzia europea del farmaco) prenda una posizione, entro breve tempo. Una volta ottenuto l’ok, si arriverà all’adozione anche delle varie Agenzie nazionali del farmaco di ciascun paese membro».

C’è un dato che fa ben sperare in questa direzione. Il fatto che la casa madre che ha brevettato il dispositivo abbia sede in Irlanda, quindi in Unione europea.

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