Via libera degli Stati Uniti all’uso di una potente sostanza stupefacente, la ketamina, come antidepressivo. La decisione della Food and Drug Administration, l’agenzia federale americana che si occupa di salute, potrebbe rivoluzionare il mondo delle cure contro la depressione, mandando in soffitta il vecchio Prozac, da 30 anni principale psicofarmaco contro il “male dell’anima”.
La Fda ha autorizzato la Janssen Pharmaceutical Company a commercializzare uno spray nasale in grado di agire in pochissime ore. Il suo principio attivo, la ketamina, finora è stato utilizzato in ambito veterinario per la sua azione anestetica, ma è noto anche per le sue proprietà allucinogene. In Italia il farmaco non è ancora disponibile, ma eccone, in anteprima, caratteristiche, punti di forza e punti di debolezza.
Come agisce la ketamina
Uno studio del 2018 della Columbia University, pubblicato sulla rivista Nature, ha mostrato gli effetti antidepressivi della molecola che, a differenza dei più diffusi psicofarmaci, non agisce sulla serotonina, “l’ormone del buonumore”, bensì su quella parte del cervello (l’abenula laterale) deputata alle decisioni e legata ai comportamenti antisociali, come la depressione.
Analizzando il comportamento di topi di laboratorio, i ricercatori newyorkesi hanno riscontrato, nei soggetti depressi, un’anomala velocità dei neuroni in quest’area, dimostrando poi come la ketamina sia in grado di rallentare l’attività dei neuroni e ridurre in poco tempo i sintomi della malattia.
Fa effetto subito
La ketamina ha il grande vantaggio di agire nell’arco di poche ore, mentre per gli altri psicofarmaci occorre attendere generalmente tre settimane per apprezzarne gli effetti.
Deve però essere dosata con estrema attenzione. «In piccole quantità dà uno stato un po’ ipnotico, una vaga dissociazione, buonumore e uno stordimento “gradevole”. Aumentando la dose cresce la sensazione di uscire dal proprio corpo e dall’ambiente (diventa a tutti gli effetti una droga).
Col crescere del dosaggio possono avere luogo anche fenomeni non facilmente controllabili, spiega lo psicologo e psicoterapeuta Alberto Calderoni. «La ketamina è usata da anni come anestetico animale tramite iniezione, ma è la prima volta che si pensa all’assunzione spray, di cui occorrerà vedere gli effetti sul cervello a lungo termine, avverte Emanuela Lucarini, psichiatra e psicoterapeuta. «Gli psicofarmaci possono creare problemi di pressione o alla vista, ma non danneggiano il sistema nervoso centrale. Della ketamina come droga, invece, sono note le alterazioni cerebrali che può dare, avverte l’esperta.
Non fa guarire
«La ketamina permette di non sentire il dolore, ma non fa guarire. La malattia si cura ricostruendo la fiducia nell’individuo, mentre se ci si limita allo spray, una volta svanito l’effetto, non resta che inalarlo nuovamente», dice la dottoressa Lucarini.
«I protocolli internazionali prevedono che sulle depressioni gravi si debba intervenire sia farmacologicamente sia con psicoterapie. Quando si raggiunge un equilibrio, l’antidepressivo andrebbe ridotto ed eliminato. Invece molte persone prendono farmaci, magari per anni, senza fare terapie», spiega Calderoni. E con la ketamina i rischi di dipendenza aumenterebbero.
Una malattia spesso non diagnosticata
Secondo l’Oms entro il 2020 la depressione sarà la seconda patologia più diffusa nel pianeta, dopo quelle cardio-circolatorie.
In Italia sono 2,8 milioni le persone che soffrono del male dell’anima: le donne in percentale doppia rispetto agli uomini. Una malattia su cui occorrerebbe intervenire ai primi sintomi, spesso confusi con quelli di altri malesseri: cattivo umore, ansia, insonnia, stanchezza, poco o eccessivo appetito.
«Più del 70% delle persone che si recano al Pronto soccorso temendo una crisi cardiaca è in realtà preda di uno stato d’ansia o di panico non riconosciuto: se non si risolve tempestivamente questo stato di disagio, la situazione può aggravarsi e portare a uno stato depressivo, spiega Calderoni, ideatore del Pronto soccorso psicologico, che partirà a Milano dopo l’estate per dare un aiuto a chi ha problemi legati all’emotività».
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Articolo pubblicato nel n° 17 di Starbene in edicola dal 9 aprile 2019