ROSUVASTATINA ALTER 28CPR 10MG -Avvertenze e precauzioni
Effetti a carico del rene In pazienti trattati con alte dosi di rosuvastatina, in particolare con 40 mg, è stata osservata proteinuria, per lo più di origine tubulare, rilevata con strisce reattive (dipstick test) e che nella maggior parte dei casi è stata transitoria o intermittente. La proteinuria non è risultata predittiva di danno renale acuto o progressivo (vedere paragrafo 4.8). Nei pazienti trattati con una dose di 40 mg, e durante i controlli di routine, deve essere presa in considerazione, la valutazione della funzionalità renale. Effetti a carico della muscolatura scheletrica Nei pazienti trattati con rosuvastatina, a tutte le dosi, ed in particolare alle dosi maggiori di 20 mg, sono stati osservati effetti a carico della muscolatura scheletrica, es., mialgia, miopatia e, raramente, rabdomiolisi. Sono stati osservati casi molto rari di rabdomiolisi con l’uso di ezetimibe in associazione con altri inibitori della HMG–CoA reduttasi. Non si può escludere una interazione farmacodinamica (vedere paragrafo 4.5) e si raccomanda cautela nell’uso di tale associazione. Come per altri inibitori della HMG–CoA reduttasi, nella fase successiva alla immissione in commercio, la frequenza di rabdomiolisi associata a Rosuvastatina Alter è più elevata con la dose da 40 mg. Dosaggio della creatinchinasi Il dosaggio della creatinchinasi (CK) non deve essere misurato dopo intensa attività fisica o in presenza di una possibile altra causa di aumento della CK che possa confondere l’interpretazione del risultato. Se i livelli di CK sono significativamente elevati al basale (> 5xULN), deve essere effettuato un test di conferma entro 5–7 giorni. Se tale test conferma un valore basale di CK > 5xULN, il trattamento non deve essere iniziato. Prima del trattamento Come per gli altri inibitori della HMG–CoA reduttasi, Rosuvastatina Alter deve essere prescritto con cautela in pazienti con fattori predisponenti per miopatia/rabdomiolisi. Tali fattori includono: • danno renale; • ipotiroidismo; • storia personale o familiare di malattie muscolari ereditarie; • storia di tossicità muscolare con altri inibitori della HMG–CoA reduttasi o con fibrati; • abuso di alcol; • età > 70 anni; • casi in cui si può verificare un aumento dei livelli plasmatici (vedere paragrafo 5.2); • uso concomitante di fibrati. In questi pazienti il rischio correlato al trattamento deve essere considerato in rapporto al possibile beneficio ed è raccomandato il monitoraggio clinico. Se i livelli di CK sono significativamente elevati al basale (>5xULN), il trattamento non deve essere iniziato. Durante il trattamento Si deve chiedere ai pazienti di comunicare immediatamente la comparsa di dolore muscolare, debolezza o crampi inspiegabili, in particolar modo se associati a malessere o febbre. In questi pazienti devono essere misurati i livelli di CK. Il trattamento deve essere interrotto in caso di aumenti rilevanti di CK (> 5xULN), o se i sintomi muscolari sono gravi e causano disturbi quotidiani (anche se i livelli di CK sono ≤ 5xULN). La ripresa della terapia con rosuvastatina o con altri inibitori della HMG–CoA reduttasi, deve essere riconsiderata se i sintomi scompaiono e i livelli di CK tornano alla normalità, utilizzando la dose più bassa e sotto stretto controllo medico. Nei pazienti asintomatici non è necessario il monitoraggio di routine dei livelli di CK. In studi clinici eseguiti su un piccolo numero di pazienti trattati, la somministrazione contemporanea di rosuvastatina e di una terapia concomitante, non ha evidenziato un aumento degli effetti a carico della muscolatura scheletrica. Tuttavia, nei pazienti sottoposti a terapia con altri inibitori della HMG–CoA reduttasi, somministrati insieme a derivati dell’acido fibrico, inclusi gemfibrozil, ciclosporina, acido nicotinico, antifungini azolici, inibitori delle proteasi e antibiotici macrolidi, si è registrato un aumento dell’incidenza di miosite e dimiopatia. Gemfibrozil aumenta il rischio di miopatia quando viene somministrato in concomitanza con alcuni inibitori della HMG–CoA reduttasi. Pertanto, la combinazione di rosuvastatina e gemfibrozil va evitata. Il beneficio, in termini di ulteriori modifiche dei livelli lipidici, ottenibile con l’uso combinato di Rosuvastatina Alter con fibrati o niacina deve essere attentamente valutato in relazione ai potenziali rischi che tali combinazioni comportano. L’uso concomitante della dose da 40 mg con fibrati è controindicato (vedere paragrafi 4.5 e 4.8). L’associazione rosuvastatina e acido fusidico deve essere evitata. Sono stati riportati casi di rabdomiolisi (inclusi alcuni fatali) nei pazienti trattati con questa associazione (vedere paragrafo 4.5). Rosuvastatina non va somministrata a pazienti che manifestino una condizione acuta, grave che possa essere indicativa di miopatia o predisporre allo sviluppo di insufficienza renale secondaria a rabdomiolisi (per esempio sepsi, ipotensione, interventi chirurgici maggiori, traumi, gravi disturbi metabolici, endocrini ed elettrolitici o convulsioni non controllate). Effetti a carico del fegato Come per gli altri inibitori della HMG–CoA reduttasi, Rosuvastatina Alter deve essere usato con cautela nei pazienti che consumano eccessive quantità di alcol e/o hanno una storia di malattia epatica. Si raccomanda di effettuare i test di funzionalità epatica prima di iniziare il trattamento e di ripeterli dopo 3 mesi dall’inizio del trattamento. Se il livello delle transaminasi sieriche è di oltre 3 volte il limite normale superiore, il trattamento deve essere interrotto o la dose deve essere ridotta. Nella fase successiva alla immissione in commercio, la frequenza di eventi epatici gravi (che consistono prevalentemente nell’aumento delle transaminasi epatiche) è più elevata con la dose da 40 mg. Nei pazienti con ipercolesterolemia secondaria causata da ipotiroidismo o da sindrome nefrosica, la patologia sottostante deve essere trattata prima di iniziare la terapia con la rosuvastatina. Etnia Gli studi di farmacocinetica hanno evidenziato un aumento dell’esposizione nei soggetti giapponesi e cinesi, se confrontati con i caucasici (vedere paragrafo 4.2 e paragrafo 5.2). Inibitori delle proteasi È stato osservato un aumento dell’esposizione sistemica alla rosuvastatina nei soggetti trattati con rosuvastatina in concomitanza con diversi inibitori delle proteasi in combinazione con ritonavir. Occorre valutare sia il beneficio della riduzione dei lipidi con l’uso della rosuvastatina nei pazienti affetti da HIV trattati con inibitori delle proteasi, sia la possibilità di un aumento delle concentrazioni plasmatiche di rosuvastatina quando si inizia la terapia con rosuvastatina o se ne aumenta il dosaggio nei pazienti trattati con inibitori delle proteasi. L’uso concomitante con inibitori delle proteasi va evitato, a meno che la dose di rosuvastatina non venga adattata (vedere paragrafi 4.2 e 4.5). Intolleranza al lattosio I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit di Lapp lattasi o da malassorbimento di glucosio/galattosio non devono assumere questo medicinale. Malattia interstiziale polmonare Sono stati registrati casi eccezionali di malattia interstiziale polmonare con alcune statine, specialmente durante terapie a lungo termine (vedere paragrafo 4.8). Questa si può manifestare con dispnea, tosse non produttiva e peggioramento dello stato di salute generale (affaticamento, perdita di peso e febbre). Se si sospetta che un paziente stia sviluppando malattia interstiziale polmonare, la terapia con statine deve essere interrotta. Diabete mellito Alcune evidenze suggeriscono che le statine, come effetto di classe, aumentano la glicemia e, in alcuni pazienti ad alto rischio di sviluppare diabete, possono indurre un livello di iperglicemia tale per cui è appropriato il ricorso ad una terapia antidiabetica. Questo rischio, tuttavia, è superato dalla riduzione del rischio vascolare con l’uso di statine e pertanto non deve essere motivo di interruzione del trattamento con la statina. I pazienti a rischio (glicemia a digiuno 5,6 – 6,9 mmol/L, BMI >30 kg/m², livelli elevati di trigliceridi, ipertensione), devono essere monitorati sia a livello clinico che a livello biochimico, in accordo con le linee guida nazionali. Nello studio JUPITER, la frequenza complessiva di diabete mellito riportata è stata del 2,8% nel gruppo trattato con rosuvastatina e 2,3% nel gruppo trattato con placebo, soprattutto nei pazienti con glicemia a digiuno 5,6 – 6,9 mmol/L. Popolazione pediatrica La valutazione della crescita lineare (altezza), del peso, dell’indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI) e delle caratteristiche secondarie della maturazione sessuale secondo gli stadi di Tanner nella popolazione pediatrica, di età compresa tra 6 e 17 anni, trattata con rosuvastatina, è limitata ad un periodo di due anni. Dopo due anni di trattamento, non sono stati osservati effetti su crescita, peso corporeo, indice di massa corporea o maturazione sessuale (vedere paragrafo 5.1). In uno studio clinico condotto su bambini e adolescenti, trattati con rosuvastatina per 52 settimane, sono stati osservati più frequentemente incrementi di creatinchinasi (CK) > 10 volte il limite normale superiore (CK > 10xULN) e di sintomi muscolari in seguito ad esercizio fisico o aumento dell’attività fisica, rispetto a quanto osservato nelle sperimentazioni cliniche condotte sugli adulti (vedere paragrafo 4.8).