NEVIRAPINA TEV 30CPR 400MG RP -Avvertenze e precauzioni
Nevirapina Teva Italia deve essere utilizzata esclusivamente in associazione con almeno altri due medicinali antiretrovirali (vedere paragrafo 5.1). Nevirapina Teva Italia non deve essere utilizzata come unico antiretrovirale, poiché gli antiretrovirali in monoterapia determinano resistenza virale. Le prime 18 settimane di terapia con nevirapina sono un periodo critico che richiede un attento monitoraggio dei pazienti per evidenziare la potenziale insorgenza di reazioni cutanee gravi e pericolose per la vita (inclusi casi di sindrome Stevens–Johnson (SJS) e necrolisi epidermica tossica (TEN)) e grave epatite/insufficienza epatica. Il massimo rischio di reazioni epatiche e cutanee si verifica nelle prime 6 settimane di terapia. Tuttavia, il rischio di un qualunque evento epatico permane dopo questo periodo e il controllo deve continuare a intervalli regolari. Il sesso femminile e l’alta conta di CD4 (>250/mm³ in adulti di sesso femminile e >400/mm³ in adulti di sesso maschile) sono associati a un maggior rischio di reazioni avverse a livello epatico se la carica virale plasmatica di HIV–1 è rilevabile - ad esempio HIV 1–RNA ≥ 50 copie/ml - all’inizio del trattamento con nevirapina. Poiché episodi di epatotossicità grave e pericolosa per la vita sono stati riscontrati sia in studi controllati che in studi non controllati, e maggiormente in pazienti con carica virale plasmatica di HIV–1 rilevabile pari o superiore a 50 copie/ml, la somministrazione di nevirapina non deve essere iniziata in adulti di sesso femminile con conta di CD4 superiore a 250 cellule/mm³ o in adulti di sesso maschile con conta di CD4 superiore a 400 cellule/mm³ con RNA HIV–1 plasmatico rilevabile, a meno che il beneficio atteso non superi il rischio. In alcuni casi la compromissione epatica è progredita nonostante la sospensione del trattamento. I pazienti che sviluppano segni o sintomi di epatite, gravi reazioni cutanee o reazioni di ipersensibilità devono sospendere il trattamento con nevirapina e sottoporsi immediatamente ad una visita medica. L’assunzione di nevirapina non deve essere ripresa successivamente a gravi reazioni epatiche, cutanee o di ipersensibilità (vedere paragrafo 4.3). La dose deve essere rigorosamente rispettata, specialmente nei primi 14 giorni della fase di induzione (vedere paragrafo 4.2). Reazioni cutanee In pazienti trattati con nevirapina, si sono verificate reazioni cutanee gravi e pericolose per la vita, inclusi alcuni casi fatali, principalmente durante le prime 6 settimane di terapia. Queste hanno incluso casi di sindrome di Stevens–Johnson, necrolisi epidermica tossica e reazioni di ipersensibilità caratterizzate da eruzione cutanea, sintomi sistemici e compromissioni viscerali. I pazienti devono essere attentamente controllati durante le prime 18 settimane di trattamento. Se si manifesta un’eruzione cutanea isolata, i pazienti devono essere attentamente controllati. Nevirapina deve essere definitivamente interrotta nei pazienti che manifestano un’eruzione cutanea grave o un’eruzione cutanea associata a sintomi sistemici (quali febbre, vescicole, lesioni del cavo orale, congiuntivite, edema facciale, dolori muscolari o articolari, o malessere generalizzato), incluse la sindrome Stevens–Johnson o la necrolisi epidermica tossica. Nevirapina deve essere definitivamente interrotta nei pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità (caratterizzate da eruzione cutanea con sintomi sistemici, in aggiunta a compromissioni viscerali, quali epatite, eosinofilia, granulocitopenia e disfunzione renale), vedere paragrafo 4.4. La somministrazione di Nevirapina Teva Italia a dosi superiori a quelle consigliate potrebbe aumentare la frequenza e la gravità di reazioni cutanee, quali la sindrome di Stevens–Johnson e la necrolisi epidermica tossica. È stata osservata rabdomiolisi in pazienti che hanno manifestato reazioni cutanee e/o epatiche associate all’uso di nevirapina. L’uso concomitante di prednisone (40 mg/die per i primi 14 giorni di somministrazione di nevirapina a rilascio immediato) non riduce l’incidenza dell’eruzione cutanea associata a nevirapina, e può essere associato ad un aumento nell’incidenza e nella gravità dell’eruzione cutanea durante le prime 6 settimane di terapia con nevirapina. Sono stati evidenziati alcuni fattori di rischio per lo sviluppo di gravi reazioni cutanee quali la non osservanza della dose iniziale di 200 mg al giorno durante la fase di induzione e un lungo ritardo tra i sintomi iniziali ed il consulto medico. Le donne sembrano essere maggiormente a rischio di sviluppare eruzioni cutanee rispetto agli uomini, indipendentemente dall’assunzione di una terapia a base di nevirapina. I pazienti devono essere informati che uno dei maggiori effetti tossici di nevirapina è l’eruzione cutanea. Devono inoltre essere avvisati di informare tempestivamente il proprio medico di qualsiasi episodio di eruzione cutanea, evitando ritardi tra l’inizio dei sintomi e la consultazione medica. La maggior parte dei casi di eruzione cutanea associati a nevirapina si verifica entro le prime 6 settimane dall’inizio della terapia. Pertanto, durante questo periodo i pazienti devono essere attentamente monitorati per l’insorgenza di eruzioni cutanee. I pazienti devono essere informati che non devono iniziare l’assunzione di Nevirapina Teva Italia compresse a rilascio prolungato fino a che ogni eruzione cutanea manifestatasi durante i 14 giorni della fase di induzione con nevirapina a rilascio immediato non si sia risolta. Lo schema posologico una volta al giorno con nevirapina 200 mg compresse a rilascio immediato non deve essere continuato per più di 28 giorni; oltre questo periodo, a causa del possibile rischio di sottoesposizione e resistenza, deve essere intrapreso un trattamento alternativo. Ogni paziente che manifesti grave eruzione cutanea o eruzione associata a sintomi sistemici quali febbre, vescicole, lesioni del cavo orale, congiuntivite, edema facciale, dolori muscolari o articolari, o malessere generalizzato deve interrompere il medicinale e sottoporsi immediatamente ad una visita medica. In questi pazienti nevirapina non deve essere risomministrata. Se i pazienti presentano una sospetta eruzione cutanea associata a nevirapina, devono essere effettuati i test di funzionalità epatica. Pazienti con incrementi da moderati a gravi (AST o ALT> 5 ULN) devono interrompere definitivamente il trattamento con nevirapina. Nel caso si verifichi ipersensibilità caratterizzata da eruzione cutanea con sintomi sistemici, quali febbre, artralgia, mialgia e linfoadenopatia, in aggiunta a compromissioni viscerali, quali epatite, eosinofilia, granulocitopenia e disfunzione renale, nevirapina deve essere sospesa in modo permanente e non più somministrata (vedere paragrafo 4.3). Reazioni epatiche Nei pazienti trattati con nevirapina, si è verificata epatotossicità grave e pericolosa per la vita, compresa epatite fulminante fatale. Le prime 18 settimane di trattamento sono un periodo critico che richiede uno stretto monitoraggio. Il rischio di reazioni epatiche è massimo nelle prime 6 settimane di terapia. Tuttavia, il rischio continua dopo questo periodo ed il monitoraggio deve continuare ad intervalli frequenti durante il trattamento. È stata osservata rabdomiolisi in pazienti che hanno manifestato reazioni cutanee e/o epatiche associate all’uso di nevirapina. L’aumento dei livelli di AST o ALT ≥ 2,5 ULN e/o la co–infezione con epatite B e/o C all’inizio della terapia antiretrovirale sono in genere associati ad un maggiore rischio di eventi avversi epatici durante la terapia antiretrovirale, inclusi regimi di trattamento che comprendono nevirapina. Il sesso femminile e la conta di CD4 elevata all’inizio del trattamento con nevirapina in pazienti naÃ-ve al trattamento sono associati ad un maggior rischio di reazioni avverse a livello epatico. In un’analisi retrospettiva di studi clinici aggregati con nevirapina compresse a rilascio immediato, le donne correvano un rischio tre volte superiore rispetto agli uomini di sviluppare eventi epatici sintomatici, spesso associati a eruzione cutanea (5,8 % verso 2,2%), e pazienti di entrambi i sessi, naÃ-ve al trattamento, con RNA HIV–1 rilevabile nel plasma e con conta di CD4 più elevata all’inizio della terapia con nevirapina, erano esposti a maggior rischio di eventi sintomatici a livello epatico con nevirapina. Per i pazienti con carica virale plasmatica di HIV–1 pari o superiore a 50 copie/ml, le donne con conta di CD4 >250 cellule/mm3 presentavano prevalentemente un rischio di reazioni avverse sintomatiche a livello epatico 12 volte superiore rispetto a donne con conta di CD4 <250 cellule/mm³ (11,0% verso 0,9%). Un incremento del rischio è stato osservato in uomini con RNA HIV–1 rilevabile nel plasma e conta di CD4 >400 cellule/mm³ (6,3% verso 1,2% degli uomini con conta di CD4 400 cellule/mm³). L’incremento del rischio di tossicità correlato alla soglia di CD4 non è stato osservato in pazienti con carica virale plasmatica non rilevabile (cioè <50 copie/ml). I pazienti devono essere informati che le reazioni epatiche costituiscono una delle maggiori espressioni di tossicità di nevirapina e richiedono uno stretto controllo durante le prime 18 settimane. Devono essere inoltre informati di sospendere la terapia con nevirapina e sottoporsi immediatamente ad una visita medica che includa test di funzionalità epatica in caso sorgano sintomi indicativi di epatite. Monitoraggio epatico Prima di iniziare la terapia con nevirapina, e a intervalli regolari durante la terapia, devono essere effettuati esami clinici di laboratorio che includano test di funzionalità epatica. Anomalie dei test di funzionalità epatica sono state riportate con nevirapina, alcune nelle prime settimane di terapia. Aumenti asintomatici degli enzimi epatici sono descritti frequentemente e non costituiscono una controindicazione all’uso di nevirapina. Aumenti asintomatici dei livelli di GGT non costituiscono una controindicazione al proseguimento della terapia. Il monitoraggio della funzionalità epatica deve essere effettuato ogni 2 settimane durante i primi 2 mesi di trattamento, una volta al 3° mese e, poi, regolarmente. Il monitoraggio epatico deve essere effettuato nel caso in cui il paziente manifesti segni o sintomi indicativi di epatite e/o ipersensibilità. I pazienti già in trattamento con nevirapina a rilascio immediato due volte al giorno e che passano a Nevirapina Teva Italia a rilascio prolungato una volta al giorno non devono modificare il monitoraggio pianificato. Nel caso AST o ALT ≥ 2,5 ULN prima o durante il trattamento, i test epatici devono essere controllati con maggiore frequenza durante regolari visite cliniche. Nevirapina non deve essere somministrata a pazienti con AST o ALT > 5 ULN prima del trattamento, fino a quando i valori basali di AST/ALT non si siano stabilizzati a < 5 ULN (vedere paragrafo 4.3). I medici ed i pazienti devono prestare attenzione ai segni prodromici o ai sintomi di epatite quali anoressia, nausea, ittero, bilirubinuria, feci acoliche, epatomegalia o iperestesia epatica. I pazienti devono essere istruiti a rivolgersi immediatamente al medico nel caso si verifichino questi eventi. Nel caso AST o ALT aumentino a > 5 ULN durante il trattamento, la somministrazione di nevirapina deve essere immediatamente sospesa. Qualora i livelli di AST e ALT tornino ai valori iniziali e se il paziente non ha avuto segni clinici o sintomi di epatite, eruzione cutanea, sintomi costituzionali o altri dati indicativi di disfunzione dell’organo, è possibile, valutando caso per caso, riprendere il trattamento con nevirapina alla dose iniziale di nevirapina 200 mg compresse a rilascio immediato una volta al giorno per 14 giorni seguita dalla dose di Nevirapina Teva Italia 400 mg compresse a rilascio prolungato una volta al giorno. In questi casi, è richiesto un più frequente monitoraggio epatico. La somministrazione di nevirapina deve essere sospesa definitivamente qualora ricompaiano alterazioni della funzionalità epatica. Nel caso si verifichi epatite clinicamente manifesta, caratterizzata da anoressia, nausea, vomito, ittero E da alterazioni dei dati di laboratorio (quali anomalie del test di funzionalità epatica moderate o gravi (escluso GGT)), nevirapina deve essere sospesa in modo permanente. Nevirapina Teva Italia non deve essere risomministrata ai pazienti che hanno sospeso il trattamento in modo permanente a causa di epatite clinica causata dalla nevirapina. Epatopatie La sicurezza e l’efficacia di nevirapina non sono state stabilite in pazienti con significative alterazioni epatiche di base. Nevirapina Teva Italia è controindicato nei pazienti con grave compromissione epatica (Child–Pugh C, vedere paragrafo 4.3). I risultati di farmacocinetica suggeriscono di somministrare con cautela nevirapina a pazienti con disfunzione epatica moderata (Child–Pugh B). Il rischio di reazioni avverse gravi e potenzialmente fatali a carico del fegato è aumentato nei pazienti con epatite cronica B o C trattati con terapia antiretrovirale. In caso di concomitante terapia antivirale per epatite B o C, fare riferimento alle informazioni contenute nelle schede tecniche dei relativi farmaci. Nel corso della terapia antiretrovirale di associazione, la frequenza di alterazioni della funzionalità epatica nei pazienti con disfunzioni epatiche preesistenti, inclusa l’epatite cronica attiva, è aumentata, e tali pazienti devono essere sottoposti a monitoraggio secondo la pratica standard. Nel caso di deterioramento dell’epatopatia in questi pazienti, si deve prendere in considerazione la sospensione o l’interruzione del trattamento. Altre avvertenze Profilassi post–esposizione: Epatotossicità grave, inclusa insufficienza epatica che ha richiesto il trapianto, è stata segnalata in individui non infetti da HIV che hanno ricevuto dosi multiple di nevirapina in profilassi post–esposizione (PEP), un’indicazione non autorizzata. L’uso di nevirapina nella PEP non è stato valutato in nessuno studio specifico, soprattutto in termini di durata del trattamento, e, pertanto, tale impiego è decisamente sconsigliato. La terapia di associazione con nevirapina non costituisce un trattamento risolutivo per i pazienti infettati da HIV–1; i pazienti possono continuare a manifestare le patologie associate all’infezione da HIV–1 in fase avanzata, incluse le infezioni opportunistiche. Sebbene un’efficace soppressione virale con la terapia antiretrovirale abbia dimostrato di ridurre notevolmente il rischio di trasmissione sessuale, un rischio residuo non può essere escluso. Si devono prendere precauzioni per prevenire la trasmissione, in accordo con le linee guida nazionali. Nelle donne che assumono Nevirapina Teva Italia, non devono essere usati, come unico metodo contraccettivo, metodi ormonali diversi dal medrossiprogesterone acetato depot (DMPA), dal momento che la nevirapina potrebbe determinare una riduzione nelle concentrazioni plasmatiche di questi medicinali. Per questa ragione, e per ridurre il rischio di trasmissione del virus HIV, si raccomandano contraccettivi di barriera (per esempio preservativi). Inoltre, quando si somministra la terapia ormonale post menopausale durante la somministrazione di nevirapina, si deve controllare il suo effetto terapeutico. Peso e parametri metabolici: Durante la terapia antiretrovirale si può verificare un aumento di peso e dei livelli di lipidi e glucosio nel sangue. Questi cambiamenti possono essere legati in parte al controllo della malattia e allo stile di vita. In alcuni casi c’è evidenza dell’effetto del trattamento sui lipidi, mentre non c’è una forte evidenza che correli questa o alcune particolari terapie all’aumento di peso. Per il monitoraggio del glucosio e dei lipidi nel sangue, fare riferimento alle linee guida stabilite per il trattamento dell’HIV. I disordini lipidici devono essere gestiti in modo clinicamente appropriato. Negli studi clinici, nevirapina è stata associata all’aumento di colesterolo–HDL e ad un complessivo miglioramento del rapporto colesterolo totale/HDL. Tuttavia, in assenza di studi specifici mirati, l’impatto clinico di questi dati non è noto. Inoltre, è stato visto che nevirapina non causa disturbi del glucosio. Osteonecrosi: sebbene l’eziologia sia considerata multifattoriale (compreso l’impiego di corticosteroidi, il consumo di alcol, l’immunosoppressione grave, un più elevato indice di massa corporea), sono stati riportati casi di osteonecrosi soprattutto nei pazienti con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Ai pazienti deve essere raccomandato di rivolgersi al medico in caso di comparsa di fastidi, dolore e rigidità alle articolazioni, o difficoltà nel movimento. Sindrome da riattivazione immunitaria: In pazienti affetti da HIV con immunodeficienza grave al momento dell’istituzione della terapia antiretrovirale di combinazione (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a patogeni opportunisti asintomatici o residuali, che può causare condizioni cliniche serie o il peggioramento dei sintomi. Tipicamente, tali reazioni sono state osservate entro le primissime settimane o i primissimi mesi dall’inizio della terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Esempi rilevanti di ciò sono le retiniti da citomegalovirus, le infezioni micobatteriche generalizzate e/o focali e la polmonite da Pneumocystis jirovecii. Qualsiasi sintomo infiammatorio deve essere valutato e, se necessario, deve essere instaurato un opportuno trattamento. Nel contesto della riattivazione immunitaria è stato riportato anche il verificarsi di disturbi autoimmuni (come la malattia di Graves); tuttavia, il tempo di insorgenza registrato è più variabile e questi eventi possono verificarsi anche molti mesi dopo l’inizio del trattamento. I dati di farmacocinetica disponibili suggeriscono che l’uso concomitante di rifampicina e nevirapina non è raccomandato. Inoltre, non è raccomandata la combinazione dei seguenti prodotti con Nevirapina Teva Italia: efavirenz, ketoconazolo, delavirdina, etravirina, rilpivirina, elvitegravir (in associazione con cobicistat), atazanavir (in associazione con ritonavir), boceprevir, fosamprenavir (se non co–somministrato con ritonavir a basso dosaggio) (vedere paragrafo 4.5). La granulocitopenia è comunemente associata a zidovudina. Pertanto, pazienti in terapia concomitante con nevirapina e zidovudina, specialmente pazienti pediatrici e pazienti che ricevono dosi più alte di zidovudina o pazienti con scarse riserve midollari, in particolare quelli con HIV in fase avanzata, hanno un aumentato rischio di granulocitopenia. In tali pazienti devono essere attentamente monitorati i parametri ematologici. Alcuni pazienti che prendono la formulazione a rilascio prolungato di nevirapina hanno riportato la presenza nelle feci di residui che possono somigliare a compresse intatte. Dai dati finora disponibili, ciò non ha mostrato influire sulla risposta terapeutica a queste formulazioni.