NEVIRAPINA AURO 60CPR 200MG -Avvertenze e precauzioni
Nevirapina Aurobindo deve essere utilizzata esclusivamente in associazione con almeno altri due farmaci antiretrovirali (vedere paragrafo 5.1). Nevirapina Aurobindo non deve essere utilizzata come unico antiretrovirale, poiché gli antiretrovirali in monoterapia determinano resistenza virale. Le prime 18 settimane di terapia con nevirapina sono un periodo critico che richiede un attento monitoraggio dei pazienti per evidenziare la potenziale insorgenza di reazioni cutanee gravi e pericolose per la vita (incluso casi di sindrome di Stevens-Johnson (SJS) e necrolisi epidermica tossica (TEN) e grave epatite/insufficienza epatica. Il massimo rischio di eventi epatici e reazioni cutanee si verifica nelle prime 6 settimane di terapia. Tuttavia il rischio di un qualunque evento epatico permane dopo questo periodo e il controllo deve continuare a intervalli frequenti. Il sesso femminile e l’alta conta di CD4 (>250/mm³ in adulti di sesso femminile e >400/mm³ in adulti di sesso maschile) all’inizio della terapia sono associati a un maggior rischio di eventi avversi a livello epatico se la carica virale plasmatica di HIV-1-RNA è rilevabile vale a dire una concentrazione ≥ 50 copie / ml - all'inizio del trattamento con nevirapina. Poiché episodi di epatotossicità grave e pericolosa per la vita sono stati riscontrati in studi controllati e non, prevalentemente in pazienti con carica virale plasmatica di HIV-1 rilevabile pari a 50 copie/ml o superiore, la somministrazione di nevirapina non deve essere iniziata in adulti di sesso femminile con conta di CD4 superiore a 250 cellule/mm³ o in adulti di sesso maschile con conta di CD4 superiore a 400 cellule/mm³ con RNA HIV-1 plasmatico rilevabile, se il beneficio atteso non supera il rischio. In alcuni casi la compromissione epatica è progredita nonostante la sospensione del trattamento. I pazienti che sviluppano segni o sintomi di epatite, gravi reazioni cutanee o reazioni di ipersensibilità devono sospendere il trattamento con nevirapina e sottoporsi immediatamente ad una visita medica. Nevirapina non deve essere ripresa successivamente a gravi reazioni epatiche, cutanee o di ipersensibilità (vedere paragrafo 4.3). Lo schema posologico deve essere rigorosamente rispettato, specialmente nei primi 14 giorni della fase di induzione (vedere paragrafo 4.2). Reazioni cutanee Sono state riportate reazioni cutanee pericolose per la vita come la sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica con l’uso di Nevirapina Aurobindo. I pazienti devono essere avvisati dei segni e sintomi e monitorati attentamente per le reazioni cutanee. Il massimo rischio di sindrome di Stevens-Johnson o di necrolisi epidermica tossica si verifica nelle prime 6 settimane di terapia. Se sono presenti sintomi o segni di sindrome di Stevens-Johnson o di necrolisi epidermica tossica (per esempio progressiva eruzione cutanea spesso con vesciche o lesioni mucosali), il trattamento con Nevirapina Aurobindo deve essere sospeso. I migliori risultati nel trattare la sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica provengono dalla diagnosi precoce e l’immediata sospensione di qualsiasi farmaco sospetto. La sospensione precoce è associata ad una migliore prognosi. Se il paziente ha sviluppato la sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica con l’uso di Nevirapina Aurobindo, Nevirapina Aurobindo non deve essere più risomministrata in quel paziente. Nevirapina deve essere definitivamente interrotta nei pazienti che manifestano reazioni di ipersensibilità (caratterizzate da eruzione cutanea con sintomi sistemici, in aggiunta a compromissioni viscerali, quali epatite, eosinofilia, granulocitopenia e disfunzione renale) vedere paragrafo 4.4. La somministrazione di Nevirapina Aurobindo a dosi superiori a quelle raccomandate potrebbe aumentare la frequenza e la gravità di reazioni cutanee, quali la sindrome di Stevens-Johnson e la necrolisi epidermica tossica. È stata osservata rabdomiolisi in pazienti che hanno manifestato reazioni cutanee e/o epatiche associate all'uso di nevirapina. L’uso concomitante di prednisone (40 mg/die per i primi 14 giorni di somministrazione di nevirapina) non riduce l’incidenza dell’eruzione cutanea associata a nevirapina, e può essere associato ad un aumento nell’incidenza e gravità dell’eruzione cutanea durante le prime 6 settimane di terapia con nevirapina. Sono stati evidenziati alcuni fattori di rischio per lo sviluppo di gravi reazioni cutanee, quali la non osservanza della dose iniziale di 200 mg al giorno durante la fase di induzione e un lungo ritardo tra i sintomi iniziali ed il consulto medico. Le donne sembrano essere maggiormente a rischio di sviluppare eruzioni cutanee rispetto agli uomini, indipendentemente dall’assunzione di nevirapina. I pazienti devono essere informati che uno dei maggiori effetti tossici di nevirapina è l’eruzione cutanea. Devono tempestivamente informare il medico di qualsiasi episodio di eruzione cutanea, evitando qualsiasi ritardo tra i sintomi iniziali e la visita medica. La maggior parte dei casi di eruzione cutanea associati a nevirapina si verifica entro le prime 6 settimane dall’inizio della terapia. Pertanto, durante questo periodo, i pazienti devono essere monitorati attentamente per la comparsa dell'eruzione cutanea. I pazienti devono, inoltre, essere informati che, in caso di manifestazione cutanea durante le 2 settimane del periodo di induzione, non si deve procedere all'aumento della dose fino a completa risoluzione del rash. Lo schema posologico di 200 mg/die non deve essere continuato per più di 28 giorni, oltre questo periodo un trattamento alternativo deve essere intrapreso a causa del possibile rischio di sotto esposizione e resistenza. Ogni paziente che manifesti grave eruzione cutanea o eruzione associata a sintomi sistemici quali febbre, vesciche, lesioni del cavo orale, congiuntivite, edema facciale, dolori muscolari o articolari, o malessere generalizzato deve interrompere il medicinale e sottoporsi immediatamente ad una visita medica. In questi pazienti nevirapina non deve essere risomministrata. Se i pazienti presentano una sospetta eruzione cutanea associata a nevirapina, devono essere effettuati i test di funzionalità epatica. Pazienti con incrementi da moderati a gravi (AST o ALT> 5 ULN) devono interrompere definitivamente il trattamento con nevirapina. Nel caso si verifichi ipersensibilità caratterizzata da eruzione cutanea con sintomi sistemici, quali febbre, artralgia, mialgia e linfoadenopatia, in aggiunta a compromissioni viscerali, quali epatite, eosinofilia, granulocitopenia e disfunzione renale, nevirapina deve essere sospeso in modo permanente e non più somministrato (vedere paragrafo 4.3). Reazioni epatiche Nei pazienti trattati con nevirapina, si è verificata epatotossicità grave e pericolosa per la vita, compresa epatite fatale fulminante. Le prime 18 settimane di trattamento sono un periodo critico che richiede uno stretto monitoraggio. Il rischio di eventi epatici è massimo nelle prime 6 settimane di terapia. Comunque il rischio continua dopo questo periodo ed il monitoraggio deve continuare ad intervalli frequenti durante il trattamento. È stata osservata rabdomiolisi in pazienti che hanno manifestato reazioni cutanee e/o epatiche associate all’uso di nevirapina. L’aumento dei livelli di AST o ALT ≥ 2,5 ULN e/o co-infezione con epatite B e/o C all’inizio della terapia antiretrovirale è in generale associato ad un maggiore rischio di eventi avversi epatici durante la terapia antiretrovirale, incluso con regimi di trattamento che comprendono nevirapina. II sesso femminile e la conta di CD4 elevata all’inizio del trattamento con nevirapina in pazienti naïve al trattamento sono associati ad un maggior rischio di eventi avversi a livello epatico. Le donne corrono un rischio tre volte superiore rispetto agli uomini di sviluppare eventi epatici sintomatici, spesso associati ad eruzione cutanea (5,8% verso 2,2%). Pazienti di entrambi i sessi naïve al trattamento, con RNA HIV-1 rilevabile nel plasma e con conta di CD4 più elevata all’inizio della terapia con nevirapina sono esposti a maggior rischio di eventi sintomatici a livello epatico con nevirapina. In un’analisi retrospettiva condotta su pazienti con carica virale plasmatica di HIV-1 rilevabile, pari a 50 copie/ml o superiore, le donne con conta di CD4 >250 cellule/mm³ presentavano un rischio di eventi avversi sintomatici a livello epatico 12 volte superiore rispetto a donne con conta di CD4 <250 cellule/mm³ (11,0% verso 0,9%). Un incremento del rischio è stato osservato in uomini con RNA HIV-1 rilevabile nel plasma e conta di CD4 >400 cellule/mm³ (6,3% verso 1,2% degli uomini con conta di CD4 <400 cellule/mm³). L’incremento del rischio di tossicità correlato alla soglia dei CD4 non è stato osservato in pazienti con carica virale plasmatica non rilevabile (cioè <50 copie/ml). I pazienti devono essere informati che le reazioni epatiche costituiscono una delle maggiori espressioni di tossicità della nevirapina e richiedono uno stretto controllo durante le prime 18 settimane. Devono essere informati di sospendere la terapia con nevirapina e sottoporsi immediatamente ad una visita medica che includa test di funzionalità epatica in caso sorgano sintomi indicativi di epatite. Monitoraggio epatico Prima di iniziare la terapia con nevirapina e a intervalli regolari nel corso della terapia, devono essere effettuati esami clinici di laboratorio che includano test di funzionalità epatica. Anomalie dei test di funzionalità epatica sono state riportate con la nevirapina, alcune nelle prime settimane di terapia. Aumenti asintomatici degli enzimi epatici sono descritti frequentemente e non costituiscono necessariamente una controindicazione all’uso di nevirapina. Aumenti asintomatici dei livelli di GGT non costituiscono una controindicazione al proseguimento della terapia. Il monitoraggio della funzionalità epatica deve essere effettuato ogni 2 settimane durante i primi 2 mesi di trattamento, una volta al 3° mese e poi regolarmente. Il monitoraggio epatico deve essere effettuato se il paziente manifesta segni o sintomi indicativi di epatite e/o ipersensibilità. Nel caso AST o ALT ≥ 2,5 ULN prima o durante il trattamento, i test epatici devono essere controllati con maggiore frequenza durante regolari visite cliniche. Nevirapina non deve essere somministrata a pazienti con AST o ALT >5 ULN prima del trattamento, fino a quando i valori basali di AST/ALT non si siano stabilizzati a < 5 ULN (vedere paragrafo 4.3). I medici ed i pazienti devono prestare attenzione ai segni prodromici o sintomi di epatite quali anoressia, nausea, ittero, bilirubinuria, feci acoliche, epatomegalia o iperestesia epatica. I pazienti devono essere istruiti a rivolgersi immediatamente al medico nel caso si verifichino questi eventi. Nel caso AST o ALT aumentino a > 5 ULN durante il trattamento, la somministrazione di nevirapina deve essere immediatamente sospesa. Qualora i livelli di AST e ALT tornino ai valori iniziali e se il paziente non ha avuto segni clinici o sintomi di epatite, eruzione cutanea, sintomi costituzionali o altri dati indicativi di disfunzione dell’organo, è possibile, valutando caso per caso, riprendere il trattamento con nevirapina, alla dose iniziale di 200 mg/die per 14 giorni seguita dalla dose di 400 mg/die. In questi casi, è richiesto un più frequente monitoraggio epatico. La somministrazione di nevirapina deve essere sospesa definitivamente qualora ricompaiano alterazioni della funzionalità epatica. Nel caso si verifichi epatite, caratterizzata da anoressia, nausea, vomito, ittero e da alterazioni dei dati di laboratorio (quali anomalie del test di funzionalità epatica moderate o gravi (escluso GGT)), la nevirapina deve essere sospesa in modo permanente. La nevirapina non deve essere risomministrata ai pazienti che hanno sospeso il trattamento a causa di epatite clinica causata dalla nevirapina. Epatopatie La sicurezza e l’efficacia della nevirapina non sono state stabilite in pazienti con significative alterazioni epatiche concomitanti. Nevirapina è controindicata nei pazienti con gravi compromissioni epatiche (Child-Pugh C, vedere paragrafo 4.3). I risultati di farmacocinetica suggeriscono di somministrare con cautela nevirapina a pazienti con disfunzione epatica moderata (Child-Pugh B). Il rischio di eventi avversi gravi e potenzialmente fatali a carico del fegato è aumentato nei pazienti con epatite cronica B o C trattati con terapia antiretrovirale. In caso di terapia antivirale di associazione per epatite B o C, fare riferimento alle informazioni del caso contenute nelle schede tecniche dei relativi farmaci. Nel corso della terapia antiretrovirale di associazione la frequenza di alterazioni della funzionalità epatica nei pazienti con disfunzioni epatiche preesistenti, inclusa l’epatite cronica attiva, è aumentata e deve essere sottoposta a monitoraggio secondo la pratica standard. In presenza di deterioramento dell’epatopatia in questi pazienti, si deve prendere in considerazione la sospensione o l’interruzione del trattamento. Altre avvertenze Profilassi post-esposizione: Epatotossicità grave, inclusa insufficienza epatica che ha richiesto il trapianto, è stata riportata in individui non infetti da HIV che hanno ricevuto dosi multiple di nevirapina in profilassi post-esposizione (PEP), un’indicazione non autorizzata. L’uso di nevirapina nella PEP non è stato valutato in nessuno studio specifico, soprattutto in funzione della durata del trattamento e pertanto tale impiego è decisamente sconsigliato. La terapia di associazione con nevirapina non costituisce un trattamento risolutivo per i pazienti infettati da HIV-1; i pazienti possono continuare a manifestare le patologie associate all'infezione da HIV-1 in fase avanzata, incluse le infezioni opportunistiche. La terapia di associazione con nevirapina non ha dimostrato di ridurre il rischio di trasmissione dell'HIV-1 ad altri soggetti tramite contatto sessuale o di sangue infetto. Nelle donne che assumono nevirapina non devono essere usati, come unico metodo contraccettivo, metodi ormonali diversi dal medrossiprogesterone acetato depot, dal momento che la nevirapina potrebbe determinare una riduzione nelle concentrazioni plasmatiche di questi farmaci. Per questa ragione, e per ridurre il rischio di trasmissione del virus HIV, si raccomandano contraccettivi di barriera (per esempio preservativi). Inoltre, quando si somministra la terapia ormonale post menopausale durante la somministrazione di Nevirapina Aurobindo, si deve controllare il suo effetto terapeutico. La terapia antiretrovirale combinata è stata associata alla ridistribuzione del grasso corporeo (lipodistrofia) in pazienti con infezione da HIV. Le conseguenze a lungo termine di questi eventi sono attualmente sconosciute. La conoscenza del meccanismo d’azione è incompleta. È stata ipotizzata una associazione tra lipomatosi viscerale e inibitori della proteasi e lipoatrofia e inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa. Un rischio maggiore di lipodistrofia è stato associato alla presenza di fattori individuali, quali l’età avanzata, e fattori legati al farmaco, come la maggior durata del trattamento antiretrovirale e dei disturbi metabolici ad esso associati. L’esame clinico deve includere la valutazione dei segni fisici di ridistribuzione del grasso. Occorre prendere in considerazione il dosaggio dei lipidi sierici e della glicemia a digiuno. I disordini del metabolismo lipidico devono essere trattati in maniera clinicamente appropriata (vedere paragrafo 4.8). Negli studi clinici, nei pazienti trattati con nevirapina si è osservato un aumento di colesterolo-HDL ed un complessivo miglioramento del rapporto colesterolo totale/HDL. Tuttavia in assenza di studi specifici con nevirapina sulla variazione del rischio cardiovascolare in pazienti infetti da virus HIV, l’impatto clinico di questi risultati non è noto. La scelta degli antiretrovirali deve essere primariamente guidata dalla loro efficacia antivirale. Osteonecrosi: sebbene l’eziologia sia considerata multifattoriale (compreso l’impiego di corticosteroidi, il consumo di alcol, l’immunosoppressione grave, un più elevato indice di massa corporea), sono stati riportati casi di osteonecrosi soprattutto nei pazienti con malattia da HIV in stadio avanzato e/o esposti per lungo tempo alla terapia antiretrovirale di combinazione (CART). Ai pazienti deve essere raccomandato di rivolgersi al medico in caso di comparsa di fastidi, dolore e rigidità alle articolazioni, o difficoltà nel movimento. Sindrome da riattivazione immunitaria: In pazienti affetti da HIV con deficienza immunitaria severa al momento dell’inizio della terapia antiretrovirale di associazione (CART), può insorgere una reazione infiammatoria a infezioni opportunistiche asintomatiche o residuali, causando gravi condizioni cliniche o un peggioramento dei sintomi. Generalmente, tali reazioni sono state osservate entro le prime settimane o i primi mesi dall’inizio della CART. Esempi rilevanti in proposito sono le retiniti da citomegalovirus, le infezioni micobatteriche generalizzate e/o focali e la polmonite da Pneumocystis jiroveci. Qualsiasi sintomo infiammatorio deve essere valutato e deve essere instaurato un trattamento, se necessario. Nel contesto della riattivazione immunitaria è stato riportato anche il verificarsi di disturbi autoimmuni (come la malattia di Graves e l’epatite autoimmune); tuttavia, il tempo di insorgenza registrato è più variabile e questi eventi possono verificarsi molti mesi dopo l’inizio del trattamento. I dati disponibili di farmacocinetica suggeriscono che l’uso concomitante di rifampicina e nevirapina non è raccomandato. Inoltre non è raccomandata la combinazione dei seguenti prodotti con Nevirapina: efavirenz, ketoconazolo, delavirdina, etravirina, rilpivirina, elvitegravir (in associazione con cobicistat), atazanavir (in associazione con ritonavir), boceprevir; fosamprenavir (se non co-amministrata con basse dosi di ritonavir) (vedere il paragrafo 4.5) Granulocitopenia è comunemente associata con la zidovudina. Pertanto, i pazienti trattati contemporaneamente con nevirapina e zidovudina e in particolare i pazienti pediatrici e i pazienti trattati con dosi elevate di zidovudina o i pazienti con scarsa riserva di midollo osseo, in particolare quelli trattati per malattia da HIV in stadio avanzato, presentano un aumento del rischio di granulocitopenia. In questi pazienti i parametri ematici devono essere attentamente monitorati. Lattosio: Questo medicinale contiene lattosio monoidrato. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, quali galattosemia, deficit di Lapp lattasi o malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicinale.